Trattativa Stato-Mafia, assolti Marcello Dell'Utri e i carabinieri nel processo d'appello: la sconfitta di Marco Travaglio
La corte d'assise d'appello di Palermo ha assolto al processo sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia gli ex ufficiali del Ros Mario Mori, Antonio Subranni e Giuseppe De Donno e il senatore Marcello Dell'Utri, accusati di minaccia a Corpo politico dello Stato. In primo grado erano stati tutti condannati a pene severissime (8 anni per De Donno, 12 per Dell'Utri, Mori e Subranni). Dichiarate invece prescritte le accuse al pentito Giovanni Brusca. Pena ridotta al boss Leoluca Bagarella. Confermata la condanna del capomafia Nino Cinà. L'accusa per Bagarella è stata riqualificata in tentata minaccia al governo Berlusconi. Di fatto, il tribunale stabilisce che la trattativa Stato-Mafia non esiste. E tra i molti che ne escono "sconfitti", pur fuori dall'aula, spicca Marco Travaglio, il direttore del Fatto Quotidiano che sul caso ha costruito anni di menzogne, accuse e fango. Ko tecnico, per Travaglio. Una sconfitta totale e totalizzante.
La decisione del collegio presieduto da Angelo Pellino (a latere Vittorio Anania) tre anni e mezzo dopo la sentenza di primo grado respinge così le richieste dei sostituti procuratori generali Giuseppe Fici e Sergio Barbiera, che avevano sostenuto l’accusa in secondo grado. Nel corso del processo era stata già dichiarata prescritta la condanna di Massimo Ciancimino, il supertestimone che in primo grado aveva avuto 8 anni per aver calunniato l’ex capo della polizia Gianni De Gennaro. La sentenza inoltre conferma la prescrizione per il collaboratore di giustizia Giovanni Brusca.
La trattativa Stato-mafia nasce dopo che la Procura di Palermo aveva scoperto incontri tra i carabinieri e l’ex sindaco mafioso di Palermo Vito Ciancimino nell’estate del 1992, e per l’altro dai collegamenti tra Dell’Utri e la mafia, con il boss Vittorio Mangano e non solo, che hanno contribuito anche alla condanna definitiva dell’ex senatore per concorso esterno in associazione mafiosa. Tra gli imputati c’era pure un altro politico, l’ex ministro democristiano Calogero Mannino, il promotore della trattativa, secondo l’accusa, nel timore di essere una vittima designata delle cosche. Mannino però ha scelto di farsi giudicare con il rito abbreviato, ed è stato assolto "per non aver commesso il fatto" in tutti i gradi di giudizio. E oggi, giovedì 23 settembre, la sentenza che conferma che l'impianto accusatorio della Procura siciliana non è credibile.