Fatto Quotidiano, "a Giuseppe Conte 400mila euro". Travaglio tocca il fondo: occhio al dettaglio in questa pagina
Tutti i nomi e i cognomi in grassetto. Tutti, a parte quello di Giuseppe Conte. Eppure, l'avvocato, ex premier e oggi leader del Movimento 5 Stelle non ha un ruolo secondario nei verbali di Piero Amara che il Fatto quotidiano ha deciso di pubblicare. C'è anche lui nel giro della "Loggia Ungheria", la presunta associazione segreta di cui ha parlato l'avvocato di affari in Procura a Milano scatenando la tempesta perfetta delle toghe italiane. Una storiaccia terminata con gli stessi verbali consegnati in redazione al Fatto e a Repubblica dalla segretaria personale di Piercamillo Davigo, ai tempi membro del Csm, che li aveva avuti in forma ufficiosa dal pm di Milano Paolo Storari indignato per la mancata apertura di un fascicolo investigativo su Amara a suo dire stoppato dal procuratore Francesco Greco. Oggi Davigo è indagato a Brescia, così come Greco.
La questione giudiziaria si somma all'imbarazzo politico di Marco Travaglio. Davigo non ne esce benissimo, ma il direttore del Fatto lo difende a spada tratta. E come potrebbe essere altrimenti. Su Conte, però, la faccenda è ancora più scivolosa. Il Fatto, il quotidiano più "contiano" d'Italia, pubblica integralmente il passaggio in cui Amara parla dell'avvocato, che non era ancora entrato in politica: "Premetto che in altri casi Vietti (vicepresidente del Csm, ndr), in funzione di sue esigenze a me non note, mi chiese di far guadagnare denaro ad avvocati o professionisti a lui vicini e avvenne in quel periodo anche con l'avvocato Conte, oggi presidente del Consiglio, a cui facemmo conferire un incarico dalla società Acquamarcia S.p.A. di Roma, incarico che fu conferito a lui e al professor Alpa, grazie al mio intervento su Fabrizio Centofanti, che all'epoca era responsabile delle relazioni istituzionali di Acquamarcia. L'importo che fu corrisposto da Acquamarcia ad Alpa e Conte, era di 400mila euro a Conte e di 1 milione di euro ad Alpa. Questo l'ho saputo da Centofanti che si arrabbiò molto perché il lavoro era sostanzialmente inutile, trattandosi della rivisitazione del contenzioso della società, attività che fu svolta da due ragazze in poche ore, e l'importo corrisposto fu particolarmente elevato".
Il racconto di Amara è preciso e circostanziato. Certo, non si sa se sia vero ma il Fatto non se lo domanda. Del resto, ha pubblicato come "fredda cronaca" tutta la dichiarazione di Amara, mettendo in grassetto tutti i nomi citati: da Michele Vietti a Cosimo Ferri, da Luca Lotti a Paola Severino e Giancarlo Elia Valori. Tutti, tranne Conte che così finisce quasi inosservato. Per lui nemmeno un titoletto, né un sommarietto. Nulla.
Strano, perché politicamente la sua sola presenza nella lista potrebbe spiegare, o comunque gettare una nuova luce, sulla sua chiamata a sorpresa a Palazzo Chigi da lì a pochi mesi. Sconosciuto, un signor nessuno per gli elettori. Ma non, evidentemente, per il potentissimo "sottobosco" che si muove nei corridoi dei Palazzi di giustizia e della politica romana. Meglio però non sottolinearlo troppo. Magari i lettori (grillini) non se ne accorgeranno né si porranno delle domande,