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Claudia Ferretti, la pm beccata al bar con l'ergastolano in pieno lockdown: silurata

Claudia Ferretti

Paolo Ferrari
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Un aperitivo nel bel mezzo dell'ultimo "lockdown" è costato il posto di pm alla Procura di Modena a Claudia Ferretti. La vicenda, di cui si è avuto notizia l'altro giorno, risale al 19 febbraio scorso. Questi i fatti. Durante un controllo per il rispetto delle norme di prevenzione "Covid 19", una pattuglia della polizia municipale di Scandiano, Comune in provincia di Reggio Emilia, si accorge di strani movimenti all'interno della "Salumoteca Bruno Parruca", locale nel centro del paese. Sono le 18,30 e per i Dpcm di Giuseppe Conte la "Salumoteca" dovrebbe essere chiusa al pubblico. I vigili decidono allora di avvicinarsi per capire cosa stia effettivamente accadendo. Giunti nei pressi della porta d'ingresso del locale, gli agenti vedono tre persone, una donna e due uomini, sedute intorno ad un tavolino, ognuno con un bel calice di vino in mano.

 

 

L'atmosfera è molto rilassata. L'arrivo della pattuglia, però, non passa inosservato da parte dei tre avventori che, alla vista degli agenti, decidono subito di abbandonare i bicchieri sul tavolo. Con una scatto felino l'allegra compagnia prova la fuga. Il tentativo non riesce, i tre vengono subito bloccati dalla municipale. Fra l'imbarazzo generale iniziano gli accertamenti di rito. I tre esordiscono dicendo di «non essersi accorti dell'orario» e di «essersi dilungati nella conversazione». La donna, in particolare, afferma di essersi fermata a salutare i due uomini, uno titolare di una macelleria in provincia di Reggio Emilia, l'altro un suo dipendente, che l'indomani mattina sarebbero dovuti partire per un viaggio in Sicilia. Il gestore del locale avrebbe fatto una «cortesia», ospitandoli per il brindisi di commiato.

 

 

Giustificazioni un po' deboli, dal momento che gli spostamenti erano in quel periodo vietati e, soprattutto, i locali pubblici si poteva fare solo asporto e consegne a domicilio. A questo punto, la sorpresa: la donna si qualifica come "magistrato" e garantisce sulle generalità del dipendente del titolare della macelleria, in quel momento senza documenti: un ergastolano, condannato per associazione mafiosa, omicidio pluriaggravato, detenzione porto abusivo d'arma. «L'anomala frequentazione» finisce sul tavolo dei carabinieri di Reggio Emilia, i quali decidono di girarla alla Procura generale di Bologna. Per la dottoressa Ferretti è l'inizio della fine.

 

 

Da Bologna parte una segnalazione al Csm e alla ministra Marta Cartabia. La Procura generale della Cassazione non può fare altro che aprire un procedimento disciplinare d'urgenza, disponendo quindi l'immediato trasferimento della magistrata al Tribunale di Firenze come "giudice civile". All'ex pm modenese non rimane altro che accettare il verdetto e preparare il trasloco. Gli uffici giudiziari del capoluogo toscano si confermano ancora una volta come la "buca" per i magistrati emiliani che incappano nella scure disciplinare. Prima della dottoressa Ferretti era stato il turno di Marco Mescolini, procuratore di Reggio Emilia, rimosso dall'incarico per essere stato sospettato di aver condotto delle indagini in base a suoi convincimenti politici: fra le accuse, quella di non aver indagato esponenti del Pd.

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