Livorno, "nel rapporto orale non può esserci costrizione". La giudice assolve il carabiniere dall'accusa di stupro
Violenza sessuale? Non può esserci costrizione se si tratta di rapporto orale. E' quanto emerge da una sentenza, depositata nelle scorse settimane alla cancelleria del tribunale di Livorno, che se fosse confermata cancellerebbe anni di battaglie delle donne. L’estensore è una giudice donna e in due passaggi, come emerge dalle motivazioni, si rischia di cancellare le garanzie di chi subisce una costrizione psicologica, una pressione, o anche un ricatto, in cambio di sesso.
Il caso, riporta il sito www.iltirreno.gelocal.it, riguarda il processo nei confronti del maresciallo dei carabinieri Federico Dati, ex comandante del nucleo dell’ispettorato del lavoro di Livorno, assolto a metà aprile dai reati di concussione, tentata concussione, falso e violenza sessuale. Secondo l’accusa – tra il 2014 e il 2016 – avrebbe messo in atto "ricatti sessuali" sfruttando il proprio ruolo: in cambio di prestazioni, avrebbe promesso o comunque fatto intendere alle titolari di alcuni esercizi commerciali della provincia di Livorno, di non contestare le irregolarità che invece erano emerse nei controlli.
Il militare doveva rispondere di concussione per costrizione, reato poi riformulato nella sua configurazione meno grave, l’induzione. E violenza sessuale. "Al centro della contestazione il rapporto tra il maresciallo e la dipendente, poi diventata titolare, di un centro massaggi di Castiglioncello. I due, in più occasioni, avrebbero avuto rapporti sessuali, sia orali che completi. La donna, sentita in sede di incidente probatorio il 17 marzo 2017, aveva raccontato al giudice – con tutte le difficoltà per il fatto di essere straniera – di essersi sentita costretta ad accondiscendere alle richieste perché davanti aveva 'un pezzo grosso'. E lui le diceva che 'erano amici e non doveva pagare nulla"".
La premessa della giudice Tiziana Pasquali nelle motivazioni è che l’attendibilità della parte offesa sia 'di per sé debole'. "Poiché – si legge – ben potrebbe l’esaminata aver rivenduto la propria relazione con l’imputato con spirito vendicativo, essendo in corso di verifica l’accusa (si parla di un altro fascicolo quando la donna è stata ascoltata ndr) nei suoi confronti di sfruttamento della prostituzione. E potendo ritenere collegabili le indagini a una iniziativa del Dati". E ancora: "La donna non descrive affatto comportamenti violenti da parte dell’imputato".
"Solo in un caso ricorda che il Dati, per convincerla a una prestazione orale, le avrebbe avvicinato con forza la testa alle proprie parti intime, ma, ribadito che anzitutto non è in alcun modo specificato in quali concreti termini sia stata compiuta questa violenza, è ben chiaro che il gesto in sé non può comportare una coazione della continuazione del rapporto, che necessita, per le stesse modalità del tipo di rapporto sessuale, di una piena partecipazione attiva della donna".