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Giustizia, la riforma necessaria: perché ora dobbiamo cambiare la Costituzione

Marta Cartabia

Corrado Ocone
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Diciamo la verità. Il tema della riforma costituzionale non ha molto appeal. Un po' per la innegabile quota di tecnicalità che è ad esso connessa; un po' anche perché politicamente sembra usurato. I vari tentativi di riforma della nostra Carta sono tutti falliti: ultimo quello di Matteo Renzi, che ebbe il torto di personalizzare e politicizzare la questione oltre il dovuto. E invece si tratta di una questione schiettamente metapolitica, che, concernendo le regole generali, il perimetro del campo di gioco politico, dovrebbe essere affrontata in un'ottica molto ampia coinvolgendo la stragrande maggioranza delle forze presenti in parlamento. Quale momento migliore di questo? Certo, la conflittualità politica in Italia non accenna a diminuire, Anzi! Il fatto in sé non sarebbe un male: la dialettica anche aspra fra diversi è il sale della democrazia, ed il principio cardine del liberalismo. Se non fosse che ad essa da noi si accompagna, soprattutto a sinistra, la delegittimazione morale dell'avversario. Come può allora dirsi che sia questo il momento giusto per proporre all'attenzione un tema che per sua natura va affrontato in un'ottica non divisiva? La risposta è evidente, e riconduce come altre a Draghi. La presenza di un presidente del Consiglio, a cui è stato affidato il compito nientemeno che di salvare l'Italia, ha costretto i partiti, da una parte, a collaborare loro malgrado e, dall'altra, a fare tutti un passo indietro. Una sorta di sterilizzazione del conflitto vero, che proprio per questo esaspera la lotta meramente verbale (mere "urla al vento") e permette che del conflitto restino solo le vestigia teatrali.

 

 

MOMENTO GIUSTO
D'altronde, nella politica come nella vita, si realizza qualcosa di concreto soprattutto quando c'è una convergenza di interessi. Ed oggi l'interesse del Paese, cioè avere governi stabili ed efficienti, converge con l'interesse di tutti i partiti a garantirsi le condizioni affinché quando ritorneranno al potere, cioè nel dopo Draghi, non girino a vuoto nell'inconcludenza come è avvenuto nel recente passato. Un po' tutte le forze politiche, stando al governo, si sono rese infatti conto della vischiosità del sistema disegnato dalla nostra Costituzione, sia nella forma del governo sia in quella più generale dello Stato. Una situazione che si è aggravata nella "Costituzione materiale" che si è creata negli annie che ha ancor più moltiplicato e reso non univoci i poteri, rendendoli di fatto deboli e irresponsabili. É questo il vero freno alla crescita del Paese, la leva su cui agire per fermarne il declino. L'impressione è che le stesse "riforme di struttura" a cui Draghi sta mettendo mano (semplificazione, deburocratizzazione, riforma della giustizia, rapporto Stato-Regioni) potranno camminare solo in un contesto di regole radicalmente cambiato. D'altronde, le Costituzioni vivono nella storia, rispondendo alle esigenze dei popoli e del loro tempo. Le stesse forze politiche e ideali che vergarono la nostra, che fu un nobile e generoso compromesso e che comunque è stato il guscio ove il Paese ha potuto vivere in libertà e prosperità per tanti anni, oggi non esistono più. Ma soprattutto il mondo stesso impone oggi ai governi decisioni rapide e incisive che il nostro sistema non può garantire.

 

 

L'OBIETTIVO
I Costituenti erano tutti animati dal nobile proposito di evitare che si potesse generare una situazione con un uomo solo al comando che facilmente piegasse a sé e al suo gruppo le istituzioni, come aveva fatto Mussolini con quelle delineate dallo Statuto albertino. Da qui l'attenzione a che nessuna figura istituzionale potesse prendere il sopravvento sulle altre. Ma oggi quell'equilibrio ha generato una sostanziale paralisi, che stride con i tempi e i modi di un mondo che corre sempre di più. Non si possono fare interventi importanti ma limitati, bisogna pensare in grande e secondo un disegno organico. Soprattutto, bisogna riscrivere la seconda parte della nostra Costituzione, quella sull'ordinamento della Repubblica, ma non intaccando bensì rivitalizzando quei valori di libertà delineati nella prima parte. Vasto programma, e tempi risicati (la legislatura finisce fra poco più di 2 anni). È un dovere però provarci. A chi scrive la proposta di Marcello Pera, l'ex presidente del Senato, che lanciò qualche mese fa l'idea, sembra la più razionale: eleggere subito, su base proporzionale, una mini assemblea costituente di non parlamentari che, nel giro di un anno, prepari un testo per il parlamento. Che è il modello seguito nel 1946. Ora, qualcosa sembra muoversi. L'augurio è che non sia solo un sussulto ferragostano. Se son rose, dovranno fiorire rapidamente. E se fioriranno, sarà come vincere più di un europeo. 

 

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