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Giovanni Salvi, non solo i corteggiamenti a Palamara: i segreti svelati del primo giudice d'Italia, nel mirino dei colleghi

Giovanni M. Jacobazzi
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Il pm "più importante d'Italia" si chiama Giovanni Salvi. È lui, infatti, l'attuale procuratore generale della Corte di Cassazione, un ruolo importantissimo in quanto ha la titolarità dell'azione disciplinare nei confronti dei magistrati. Salvi venne scelto per quell'incarico dal Consiglio superiore della magistratura a novembre del 2019. Il predecessore, Riccardo Fuzio, era stato costretto qualche mese prima alle dimissioni dopo essere stato intercettato con il trojan mentre parlava con Luca Palamara del procedimento aperto a Perugia nei confronti di quest' ultimo. Fuzio per quella conversazione, finita poi su tutti i giornali, venne indagato per «rivelazione del segreto d'ufficio», accusa da cui è stato completamente assolto la scorsa settimana. A favore di Salvi, esponente di Magistratura democratica, la corrente di sinistra della magistratura, si erano espressi anche il pm antimafia Nino Di Matteo e Piercamillo Davigo. Originario di Lecce, 69 anni, Salvi viene da una famiglia molto importante. Il padre era infatti un famoso avvocato, il fratello maggiore, Cesare, è stato professore universitario di Diritto e, soprattutto, politico di primo piano del Pci fin da tempi di Enrico Berlinguer, divenendo ministro del Lavoro durante i governi D'Alema e Amato, vice presidente del Senato e presidente della Commissione giustizia di Palazzo Madama.

 

 

 

Calvi, Ustica e...

Giovanni Salvi è stato uno studente fuori sede. Trasferitosi a Roma, si laureò con il massimo dei voti alla Sapienza. Durante gli anni dell'università, anni segnati dalla contestazione studentesca post 68 e da scontri di piazza violentissimi con le Forze di polizia, Salvi fu il segretario della cellula del Pci della facoltà di Giurisprudenza. Nel 1979 entra in magistratura come pm a Roma. Gli verrano affidati processi importanti, da quello sulla morte del banchiere Roberto Calvi a quello sulla strage di Ustica. Indaga Giulio Andreotti per l'omicidio del giornalista Mino Pecorelli. Si occupa anche di mafia con Pippo Calò, il cassiere di Cosa nostra tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta, e della banda della Magliana. La carriera di Salvi culmina con l'elezione al Csm e la nomina a procuratore di Catania. L'ultimo incarico prima di essere nominato procuratore generale in Cassazione è stato quello di procuratore generale a Roma. All'indomani dello scoppio del Palamaragate Salvi si trova ad affrontare due partite complicate: la prima contro Palamara e i partecipanti all'incontro all'hotel Champagne di Roma dove l'ex presidente dell'Associazione nazionale magistrati discuteva di nomine con i deputati Cosimo Ferri e Luca Lotti; la seconda contro le centinaia di magistrati che chattavano con Palamara per avere un incarico o una nomina. Se la partita contro Palamara è stata stravinta in un paio di mesi, tempo necessario per togliergli la toga, quella con i magistrati chattatori è risultata più ostica. Salvi emanò l'anno scorso una circolare che fece discutere e che escludeva la cosiddetta «autopromozione» dei magistrati con il consigliere del Csm, anche se postain essere in maniera petulante. Una circolare in cui si poteva intravedere un "conflitto d'interessi". Nel giugno del 2017 sulla terrazza del Martis Palace, un lussuoso albergo nel centro di Roma, Salvi aveva infatti ospitato a pranzo Palamara, allora potentissimo presidente della Commissione per gli incarichi direttivi del Csm, per caldeggiare la propria candidatura a procuratore generale della Cassazione.

Storia di pianerottolo

Lo scorso marzo il nome di Salvi è tornato d'attualità per una storia di "pianerottolo". La moglie di Salvi, tornando a casa, aveva incrociato sulle scale l'avvocato Alessio Lanzi, consigliere laico di Palazzo dei Marescialli in quota Forza Italia. Lanzi era andato a trovare il collega Roberto Rampioni, difensore di Palamara, nel suo studio romano, ubicato nello stesso palazzo dove vive la famiglia Salvi. Il pg della Cassazione, appresa la circostanza (si era alla vigilia dell'audizione di Palamara davanti alla prima Commissione del Csm, quella che si occupa di incompatibilità, ndr) a sua volta aveva informato il Comitato di presidenza del Csm, di cui fa parte insieme al vice presidente David Ermini e al primo presidente della Corte di Cassazione Pietro Curzio. «L'incontro con Rampioni ha riguardato temi accademici ed editoriali», aveva puntualizzato Lanzi, escludendo ipotetici accordi sottobanco con il difensore di Palamara. Lanzi, per la cronaca, si era poi dimesso dalla prima Commissione. Nei giorni scorsi, infine, è arrivata la grana del pm Paolo Storari. Una storia scivolosa. Il pm milanese aveva cercato sponda al Csm con Davigo contro l'asserita inerzia dei suoi capi nel fare accertamenti sulla loggia Ungheria rivelata dall'avvocato Piero Amara. Salvi ha chiesto al Csm di trasferire Storari da Milano. La decisione è attesa per il prossimo venerdì. Salvi, però, stando al racconto di Davigo, informato di questa vicenda già l'anno scorso non si sarebbe attivato come previsto. Per questo motivo e per la circolare sull'autopromozione il pg della Cassazione è finito nel mirino delle toghe di Articolo 101, il gruppo "anti sistema", che gli hanno chiesto di dimettersi. Salvi, però, resiste. 

 

 

 

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