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Bettino Craxi, il conto del Fisco a casa degli eredi: una rovinosa stangata, il conto è di 5 milioni

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Nino Sunseri
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Un processo che arriva dal trapassato remoto. Una condanna per evasione fiscale che, emerge da un’altra era geologica e come accade in questi casi non porterà un centesimo nelle casse dello Stato. La Corte di Cassazione, infatti, ha condannato i figli e la moglie di Bettino Craxi a versare 10miliardi di lire (oggi cinque milioni) per tasse non pagate (su un conto estero. «Un'ingiustizia nell'ingiustizia- commenta Stefania quei soldi non saranno pagati da nessuno perché l'eredità è stata accettata con beneficio d'inventario. Solo un modo di colpire ancora la memoria di un uomo che in esilio ad Hammamet si ostinava a definire l'Italia la sua patria». In effetti la sentenza della Cassazione sembra davvero sbucare da una caverna dell'orrore. Almeno sul piano giudiziario. E invece c'è sempre una lingua di fuoco che non si spegne, una piega sbagliata che non consente la chiusura del faldone. Un passato che non vuole passare. Un ammonimento biblico che annuncia nuovo dolore.

 

 

 

 

La condanna, pronunciata il 7 luglio 2021 si riferisce a fatti di trent' anni fa. Era il 1992 e in Svizzera Antonio Di Pietro e la squadra di Tangentopoli scoprono il fondo International Gold Cost che faceva direttamente capo a Craxi. Conservava un tesoro dov' erano transitati, secondo l'accusa, una trentina di miliardi di lire provenienti dalle tangenti che per ricchezza ed eco mediatica diventarono il simbolo di quegli anni. Vale a dire All Iberian ed Enimont. La partita penale ormai è chiusa. Ma c'è ancora lo spiraglio fiscale che resta aperto e costerà alla famiglia ventimila euro di spese legali. «Se è per questo -aggiunge Stefania- ne abbiamo già pagati seicentomila perché un avvocato aveva dimenticato a consegnare un documento».

 

 

 

 

Ma più ancora del bonifico, è insopportabile il senso della persecuzione. «I soldi di quel conto servivano per il partito non certo per arricchimento personale» insiste Stefania. Ricorda che nell'ultimo rifugio del padre ad Hammamet non furono trovati i tesori di cui in tanti fantasticavano giurando anche di averli visti. Arredi lussuosi e argenti in bella vista. Fra le poche cose di valore rinvenute c'era la collezione di cimeli garibaldini che fu sequestrata e venduta. «L'ho ricomprata e poi l'ho regalata al museo di Ravenna» dice Stefania. Perché proprio Ravenna? «Perché hanno una esposizione molto ricca e poi per il valore simbolico». Da quelle parti muore Anita in fuga da Roma dov' è caduta la Repubblica mazziniana. «Garibaldi la seppellisce e poi fugge a Tunisi. Non potevo trascurare l'analogia con mio padre».

Accusa la magistratura di agire in base al pregiudizio. «Alcuni giudici fanno correttamente il loro lavoro - aggiunge- Ma altri sono accecati dall'ideologia». Domenica scorsa era a Orbetello, a casa sua, per firmare il referendum. C'era anche Salvini e adesso andranno in giro per sostenere il voto popolare. Forte il senso dell'oppressione «per me e per la mia famiglia» che di certo non si è arricchita negli anni in cui Bettino era il presidente del consiglio più potente nella storia repubblicana.

Nel settembre del 2011 la Sezione Tributaria della Cassazione aveva accolto due dei nove motivi di ricorso presentati da Stefania e da suo fratello Bobo, che avevano contestato la sentenza con la quale nel 2005 la Commissione aveva confermato gli avvisi di accertamento Irpef per redditi «diversi» e redditi di capitale detenuto all'estero. Per gli ermellini è rimasto «privo di riscontro l'assunto difensivo» - sostenuto dai legali dei familiari di Craxi, gli avvocati Giancarlo Zoppini, Giuseppe Pizzonia e Giuseppe Russo Corvace - secondo cui il "percettore", ossia il leader socialista, «al fine di eludere la tassazione personale, avrebbe retrocesso le somme al partito». Resta una domanda, ovvero «ma questi soldi andavano al partito o a Craxi?», che più volte l'allora pm Di Pietro aveva rivolto al super-testimone Giorgio Tradati durante un'udienza del processo Enimont. La risposta è sempre rimasta ambigua. Dice oggi Stefania: «Quello che abbiamo è frutto del mio lavoro e di quello di mio marito», il produttore televisivo Marco Massetti.

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