Il pericolo di legittimare gli estremisti islamici: dall’Afghanistan alla Siria

venerdì 18 aprile 2025
Il pericolo di legittimare gli estremisti islamici: dall’Afghanistan alla Siria
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Legittimare l’estremismo con il pretesto del pragmatismo é pericoloso. In un contesto di rapidi sconvolgimenti politici nel mondo arabo e musulmano, sta emergendo una tendenza preoccupante: la crescente accettazione da parte della comunità internazionale di governi guidati da ex gruppi terroristici. Tra loro vi sono i talebani in Afghanistan e Ahmed al-Shara (ex Abu Mohammed al-Joulani), leader di Hayat Tahrir al-Sham in Siria, ex branca di al-Qaeda nel Levante. Questo riconoscimento, spesso giustificato dalla necessità di stabilità o da considerazioni geopolitiche, comporta seri rischi per la sicurezza regionale e globale. Invia un segnale pericoloso ad altri gruppi estremisti, dando loro un assaggio della possibilità di ottenere il potere attraverso una facciata di moderazione che maschera in realtà un’ideologia violenta e radicata.

Nel 2021 i talebani hanno ripreso il controllo dell’Afghanistan in seguito al ritiro delle truppe statunitensi, proclamando il ritorno dell’“Emirato islamico”. Anche se hanno promesso un regime più moderato rispetto a quello instaurato tra il 1996 e il 2001, il loro passato sanguinoso e i legami con al-Qaeda persistono. Nonostante ciò, paesi come Cina e Qatar hanno aperto canali di comunicazione con loro. Un rapporto Reuters (15 settembre 2021) affermava che “i talebani stanno cercando di presentarsi come un governo legittimo, mostrando la volontà di cooperare a livello internazionale nella lotta contro il terrorismo”. Tuttavia, Human Rights Watch (10 gennaio 2025) documenta le continue esecuzioni sommarie e la repressione dei diritti delle donne, rivelando che le promesse di moderazione restano in gran parte simboliche.

In Siria, Ahmed al-Shara ha guidato Hayat Tahrir al-Sham nel rovesciamento del regime di Bashar al-Assad nel dicembre 2024, proclamandosi presidente di transizione a gennaio. Ex leader del Fronte al-Nusra (già affiliato ad al-Qaeda), oggi si presenta come un difensore di uno “Stato civile”. Tuttavia, secondo un’indagine di Daraj, non ha mai espresso rammarico per le violazioni commesse dal suo gruppo, inclusi crimini contro le donne, sollevando dubbi sulla sua sincerità. Eppure, l’Ue e gli Stati Uniti hanno ammorbidito la loro posizione, e diversi paesi della regione hanno mostrato volontà di collaborare.

Si tratta di una dinamica molto rischiosa per i paesi arabi e musulmani. Poiché il riconoscimento internazionale di questi gruppi ispira altre organizzazioni estremiste che li vedono come modelli da emulare. Un rapporto del West Point Counterterrorism Center afferma: “Il successo dei talebani e di Hayat Tahrir al-Sham nell’ottenere una forma di legittimità mostra ai jihadisti che la jihad locale può portare al successo politico”. Questo potrebbe spingere gruppi come al-Qaeda nella Penisola Arabica o Boko Haram ad adottare strategie simili: controllare territori e proporsi come alternative politiche. In Yemen, ad esempio, Abu Omar al-Nahdi – ex funzionario di al-Qaeda – ha annunciato la creazione del “Movimento per la libertà e il cambiamento” il 15 aprile, con il sostegno turco (Al-Mashhad Al-Ikhbari). Il giornalista yemenita Anwar al-Tamimi osserva: “Al-Nahdi si ispira all’esperienza di al-Shara, dove un estremista diventa attore politico grazie al sostegno regionale”. Tale dinamica rischia di rafforzare la presenza di gruppi estremisti in aree fragili come lo Yemen o la Somalia.

Si tratta di Ideologie radicali sotto una patina di moderazione, infatti nonostante la retorica apparentemente moderata, talebani e Hayat Tahrir al-Sham provengono da correnti jihadiste salafite, che legittimano la violenza per imporre la sharia. Il Carnegie Endowment for International Peace evidenzia che, sebbene HTS abbia rotto ufficialmente con al-Qaeda, conserva un’ideologia salafita-jihadista che ne orienta l’approccio “pragmatico”. Abd al-Rahim Atoun, leader della fazione, dichiarava in una conferenza (15 settembre 2021) che “il gruppo si ispira al modello talebano, incentrato sul jihad locale”. In Afghanistan, un rapporto ONU indica che i talebani hanno ospitato fino a 15.000 combattenti stranieri dagli anni ’90, compresi quelli di al-Qaeda, con cui mantengono legami. Molti osservatori ritengono che “al-Joulani usi il linguaggio della moderazione pur tollerando tra i suoi membri un pensiero simile a quello di Daesh”. L’ambiguità è apparsa evidente quando ha rifiutato di stringere la mano al ministro degli Esteri tedesco Annalena Baerbock nel gennaio 2025, rivelando il suo attaccamento a interpretazioni rigoriste dell’Islam. Secondo l’analista Hassan Abu Haniyeh (InbaaBaladi), “le trasformazioni dei talebani e di Hayat Tahrir al-Sham sono dettate da imperativi politici, ma la loro ideologia jihadista rimane intatta”. Questa ambivalenza rappresenta una minaccia: tali gruppi potrebbero tornare alla violenza una volta raggiunti i loro obiettivi politici.

Questa strategia è di certo una fonte di ispirazione per gli estremisti regionali, infatti il riconoscimento internazionale alimenta le ambizioni di altri estremisti. Secondo uno studio del Pew Research Center, una percentuale significativa di musulmani in alcuni paesi giustifica gli attacchi contro civili “miscredenti”: fino al 62% nei territori palestinesi. Questo sostegno è incoraggiato dagli apparenti successi dei talebani, il cui esempio ha ispirato attacchi in Pakistan, come quello di Kabul del 2015 (60 vittime, Counterterrorism Center). In Iraq e Siria, organizzazioni come Daesh hanno approfittato del collasso statale per espandersi. L’International Crisis Group (14 marzo 2016) osservava: “Il caos della primavera araba ha offerto un vuoto politico che gli estremisti hanno sfruttato”. Il riconoscimento di HTS potrebbe spingere gruppi simili in Libia o Somalia a seguire lo stesso schema.

La storia ci insegna che il riconoscimento politico di gruppi estremisti si è rivelato un errore gravissimo. Negli anni ’80, gli Stati Uniti sostennero combattenti come Osama bin Laden contro i sovietici in Afghanistan, scelta dalle conseguenze drammatiche. In Egitto, l’ascesa dei Fratelli Musulmani nel 2012 portò a una forte polarizzazione, seguita da un’ondata di estremismo nel Sinai dopo il loro rovesciamento nel 2013 (GeopoliticalMonitor).

Il riconoscimento internazionale di gruppi come i talebani e Hayat Tahrir al-Sham invia un segnale pericoloso: gli estremisti possono raggiungere il potere mascherando la loro ideologia dietro un discorso pragmatico. Questo precedente rischia di diventare un modello per altri gruppi in cerca di legittimità, minacciando la stabilità del mondo arabo e musulmano. La storia ci mette in guardia dalle conseguenze del nostro buonismo, richiedendo una risposta internazionale ferma per evitare che l’estremismo diventi un mezzo legittimo per accedere al potere politico. Oggi é esattamente questo il disegno dell’Islam politico che dobbiamo contrastare.

Così Alessandro Bertoldi, Direttore esecutivo dell’Istituto Milton Friedman in una sua analisi