“Proponiamo di attivare un piano shock da 10 miliardi di euro, derivanti da fondi inutilizzati del PNRR, sulla falsariga di RePowerEU, per salvaguardare le filiere più esposte, rafforzare il Made in Italy e sostenere l’export delle PMI anche verso mercati alternativi. Bisogna evitare una guerra dei dazi che diventerebbe facilmente una guerra dei mondi, causando un ulteriore aumento del costo del denaro che metterebbe in seria difficoltà l’accesso al credito per tutte le PMI. Con il Governo possiamo lavorare insieme per vincere queste sfide: mantenere l’alleanza storica con gli USA, ma anche aprire maggiormente ai mercati emergenti, come già del resto previsto dal Piano d’azione per l’export del ministero degli Esteri. È il momento di fare sistema e guardare avanti con realismo e visione”. Così Roberto Capobianco, presidente nazionale di Conflavoro, al Tavolo di Palazzo Chigi sui dazi.
L’associazione propone inoltre l’istituzione urgente di una task force interministeriale permanente – composta da MIMIT e Ministero del Lavoro – per monitorare le crisi aziendali legate ai dazi e attivare strumenti di politica attiva del lavoro: percorsi di formazione, incentivi alla ricollocazione e accompagnamento alla transizione verso settori in crescita.
Il Centro Studi di Conflavoro, guidato da Sandro Susini, ha infatti pubblicato un’analisi dettagliata delle possibili conseguenze dei dazi USA per l’economia italiana. Lo studio stima una contrazione potenziale del PIL di 2 miliardi di euro e un rischio occupazionale per circa 30 mila lavoratori, con agroalimentare (5.700 posti) , moda e lusso (4.500), meccanica e automotive (4.500) tra i più esposti. Seguono arredamento di design (3.400) e cantieristica navale (3.000), ma anche un eventuale calo del turismo dagli USA potrebbe portare alla perdita di 2.000 posti nel settore.
Particolarmente vulnerabili rispetto ai nuovi dazi, secondo il Centro Studi di Conflavoro, risultano le regioni del Centro-Nord, cuore pulsante dell’export nazionale verso gli Stati Uniti (la Lombardia esporta prodotti per 14,3 miliardi, l’Emilia Romagna 10,4, la Toscana 9,1, poi il Veneto 7,3 e il Piemonte 6,4), ma anche il Centro-Sud che registra comunque un mercato importante verso gli USA (Lazio 5,4 miliardi, Campania 3,2, Marche 3,2, Puglia 2,1, Sicilia 1,6 e Calabria 1,2).