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“L'orto americano” è l'horror gotico di Pupi Avati, un film che sa parlare d'amore”
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Mentre le luci si accendono in sala, rimango assorta con gli occhi fissi sullo schermo: al suo 55/o film il Grande Pupi Avati ancora una volta sorprende e ti ruba il cuore, perchè è un vero regista, non un improvvisatore autorizzato. Il suo “Orto americano”, è l'esempio di un cinema che funziona, un mix tra amore e morte che diventa il dualismo centrale della storia, nutrito da un grande tema, come gli ideali romantici e il coraggio di affrontarli.Girato in bianco e nero, appare ancora più potente, pensi ad Hitchcok, a Rosselini e De Sica, fai dei confronti, perchè ritieni che Avati abbia sempre cercato di manterene alto il cinema italiano, esattamente come loro. Vince anche con la forza delle idee: ha coraggio e talento innegabile. Siano nell'immediato dopoguerra, a Bologna ai tempi della Liberazione, quando un ragazzo (Filippo Scotti) , che aveva il sogno di diventare uno scrittore, incontra una bellissima, infermiera ( Chiara Caselli), che vede solo quella volta. Un anno dopo si trasferisce negli Stati Uniti, in quella parte di America rurale, dove le case sono vicine e tutte eguali. Accanto a lui vive un'anziana signora , disperata per la scomparsa della figlia. Il giovane è ossessionato da quel racconto. Tra lui e la signora a dividerli c'è solo un orto che appare subito misterioso..così decide di intraprendere un' avventura molto pericolosa e piena di dolorosi imprevisti, e di insidie, in cerca della verità.
Maestro Avati, il ritorno al bianco e nero, è stato perfetto, c'è una grande cura nei dettagli: l'idea?
“La devo a mio fratello Antonio, è stata sua. Il bianco e nero, mi ha dato un'entusiasmo particolare. anche nel modo di girare.Lavoriamo da anni insieme, a volte discutiamo un po', ma facciamo subito la pace: ci vogliamo bene e ci stimiamo anche in campo cinematografico”.
Qualcuno ha parlato di budget, si dice che sia riuscito a fare un film internazionale a basso costo: conferma?
“ Il nostro cinema avrebbe bisogno di essere rieducato. Ho girato un film anche in America e a Cinecittà, con un budget molto ragionevole, dimostrando che con un film così,impegnativo, ma fatto bene, si può andare anche a V enezia, dove era stao presentato nella passata edizione”.
Ha sempre vinto anche con il film horror. Indimenticabili, sono rimasti La casa dalle finestre che ridono- e Il nascondiglio delle monache. Non ci ha fatto dormire per molte notti...
“Girare gli horror per me è un ritorno ricorrente, un genere che non abbiamo mai tradito del tutto”.
A proposito di cinema, lei ha fatto una nuova proposta per salvarlo, ce ne parla?
“La proposta che abbiamo è quella di fare un ministero per il cinema, che è già stato accolto favorevolmente anche dal governoPotrebbe diventare un'agenzia sul modello francese. Il problema non è solo delle sale che chiudono, ma anche dei soldi che sono pochi per organizzare un set”.
Il suggerimento di un Grande Maestro?
“Bisogna tornare ad imparare a fare il cinema, il budget hollywoodiani non si possono più fare. Oggi vanno bene i film Diamanti ( Ferzan Ospetek) e Follemente (Paolo Genovese) un cinema che funziona”.
Lei ha messo in scena l'horror, ma anche l'amore: perchè i sentimenti vengono sempre sottolineati in ogni suo film?
“Ci ho sempre creduto, come in Dante e Beatrice. L'amore vero lo sento ancora per mia moglie che dopo tanti anni non è cambiato. In una grande storia il “per sempre esiste”.
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Testimone involontario: un ottimo film con meno successo di quel che meritava
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