Cerca
Cerca
+

Cnpr forum: “Subito misure concrete per ridurre divario sociale in Italia”

  • a
  • a
  • a

Il tema sull’aumento del divario tra i ceti sociali in Italia è una problematica strettamente legata alla globalizzazione. Se un secolo fa le disuguaglianze sociali erano riconducibili esclusivamente a fattori economici nazionali, negli ultimi anni i processi economici del nostro Paese sono stati sempre più influenzati dall’integrazione dei mercati e dall’espansione del settore finanziario europeo, che condiziona anche l’economia italiana. Questo ha favorito la concentrazione della ricchezza in alcuni settori specifici, a scapito di tutti gli altri, determinando un impoverimento progressivo dei lavoratori e delle imprese italiane”. Lo ha dichiarato Letizia Giorgianni, deputata di Fratelli d’Italia in Commissione Bilancio a Montecitorio, nel corso del Cnpr forum “La forbice sociale si allarga: come fermare la deriva del ceto medio in Italia?” promosso dalla Cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili presieduta da Luigi Pagliuca.

“Un altro fattore determinante è rappresentato dalle crisi economiche che, dal 2008 fino alla pandemia da Covid-19, hanno colpito duramente anche il nostro Paese. Fin dalla prima legge finanziaria - ha aggiunto Giorgianni -, il governo Meloni si è impegnato ad attenuare il divario sociale. Il primo passo è stato il taglio del cuneo fiscale, una misura ormai strutturale. Per il ceto medio, inoltre, proseguirà la riforma dell’IRPEF e, in vista della riduzione della pressione fiscale, entro Pasqua sarà annunciato l’abbassamento dell’aliquota dello scaglione medio dal 35% al 33%".

Secondo Francesco Verducci, senatore del Partito Democratico in Commissione Cultura a Palazzo Madama: “Le disuguaglianze sociali sono riconducibili a una trasformazione del capitalismo priva di regole, caratterizzata da un progressivo spostamento dall’economia produttiva a un sistema dominato dalle speculazioni finanziarie. Dalla bolla della cosiddetta new economy degli anni ’90 fino alla crescente finanziarizzazione dell’ultimo quarto di secolo, il nostro sistema economico e sociale ha subito una trasformazione radicale e spesso brutale. La concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi, a scapito della redistribuzione e di un welfare universale - ha aggiunto -, ha causato un gigantesco aumento delle diseguaglianze. Sono emerse nuove e drammatiche forme di povertà e un drastico impoverimento del lavoro, anche in termini di rappresentanza politica, con crescente squilibrio tra capitale e lavoro, tra reddito e patrimonio. Ciò ha minato le fondamenta delle nostre democrazie. L’assenza di adeguate regolamentazioni ha spinto la concentrazione di un potere enorme, economico, mediatico e politico, nelle mani dei proprietari dei colossi digitali, portando allo scenario attuale di una oligarchia tecnodigitale che minaccia la sopravvivenza stessa delle democrazie liberali".

La strategicità dell’alleggerimento della pressione fiscale è stata sottolineata da Vito De Palma, esponente di Forza Italia e segretario della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale: “Ritengo che vi siano diversi fattori strutturali ed economici che, nell’ultimo decennio, si sono intensificati. La globalizzazione, la trasformazione del mercato del lavoro e la delocalizzazione delle produzioni hanno contribuito a ridurre molte opportunità. A ciò si aggiunge l’erosione del potere d’acquisto del ceto medio, che ha subito una stagnazione salariale. Forza Italia insiste sulla riforma fiscale in corso - ha rimarcato -, poiché riteniamo che il peso della tassazione sul lavoro, più alto rispetto ad altri Paesi europei, debba essere ridotto. La richiesta di abbassare l’aliquota dal 35% al 33% per la fascia di reddito corrispondente al ceto medio rappresenta una risposta concreta a questa esigenza. Un altro intervento fondamentale riguarda l’investimento in formazione e istruzione. È necessario che il sostegno al sistema delle imprese passi attraverso un approccio duale: da un lato, incentivi contributivi per le aziende; dall’altro, la necessità di garantire ai giovani una qualificazione adeguata e utile per il mercato del lavoro".

Dura la critica di Leonardo Donno, parlamentare del M5s in Commissione Bilancio: “Dobbiamo partire da un dato di fatto: nel 2024 abbiamo registrato un calo record della produzione industriale, siamo a 23 mesi consecutivi di contrazione. La cassa integrazione è esplosa e il ceto medio sta scomparendo, poiché il potere d’acquisto degli stipendi si sta riducendo al minimo. Sempre più lavoratori faticano ad arrivare alla fine del mese. Nell’ultima legge di bilancio - ha sostenuto - abbiamo avanzato proposte concrete per far comprendere al governo che questa è la vera emergenza. I salari sono troppo bassi e i cittadini non riescono a far fronte al caro vita, al caro bollette e alle difficoltà quotidiane. La nostra proposta sul salario minimo e la necessità di una redistribuzione del peso fiscale, volta ad alleggerire la pressione sulle famiglie, sono state tutte respinte dal governo. Sul carrello della spesa non è stato fatto nulla, mentre noi avevamo proposto, ad esempio, il cashback per il recupero delle spese sanitarie. Il governo, invece, continua a tutelare e favorire i grandi patrimoni, le lobby, gli armamenti e le banche, anziché dare risposte concrete ai cittadini e agli imprenditori in difficoltà".

Nel corso del dibattito, moderato da Anna Maria Belforte, il punto di vista dei professionisti è stato espresso da Pasqua Borracci, commercialista e revisore legale dell’Odcec di Bari: “E’ del tutto evidente, cosa confermata da tutte le recenti statistiche a livello nazionale ed europeo, che il ceto medio italiano è in enorme sofferenza. E con esso le imprese. La perdita del potere d’acquisto dei salari, un lungo periodo di inflazione, il caro bollette e quello dei costi energetici in generale stanno compromettendo in modo serio le nostre economie. C’è bisogno di misure immediate che vadano ad impattare in modo forte e determinate sulla crescita del potere d’acquisto, da un lato, e sulla preparazione dei giovani ad un mercato del lavoro sempre più professionalizzato, dall’altro”. Le conclusioni sono state affidate a Paolo Longoni, consigliere dell’Istituto nazionale esperti contabili: “Relativamente al riequilibrio sociale e della distanza tra la parte più fortunata della popolazione con quella meno fortunata in termini di reddito molto peso lo ha la progressività dell’imposizione diretta. Si partiva in passato dal presupposto che chi ha di più deve contribuire maggiormente alla corresponsione dei servizi erogati dallo Stato sia al riequilibrio delle distanze. La progressività dell’irpef è stata smontata nel 1983 quando le aliquote sono passate da 32 a 9 fino ad oggi che siamo ridotti a sole tre aliquote. Sono state istituite, ad esempio, anche tassazioni di favore su alcuni redditi immobiliari e forme di lavoro autonomo. Distruggendo la progressività si limita fortemente la redistribuzione del reddito. Occorre una visione programmatica di lungo respiro per recuperare le distanze, senza dimenticare che siamo la seconda potenza industriale d’Europa e l’ottavo Paese più ricco del mondo. Gli italiani hanno bisogno di conoscere i programmi per il futuro”.
 

Dai blog