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Per ridurre le infezioni in corsia, arrivano le divise Made in Italy

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Ogni anno in Italia si registrano circa diecimila decessi evitabili, o comunque riducibili con misure di prevenzione adeguate. Da oltre un decennio il nostro Paese figura tra quelli con i peggiori dati in Europa per le infezioni correlate all’assistenza (ICA). Ma dietro questi numeri ci sono vite umane, e troppo spesso il personale sanitario diventa involontariamente il veicolo di trasmissione di virus e batteri.

Le cause di queste infezioni sono molteplici: ambienti sanitari non sufficientemente igienizzati, ma anche la trasmissione da parte degli stessi operatori, attraverso le mani o gli indumenti. Paradossalmente, i primi a subirne le conseguenze sono proprio i professionisti della salute. Il Parlamento ha già lanciato allarmi in merito, sottolineando la necessità di interventi concreti.

Una possibile soluzione risiede nei dispositivi di protezione individuale (DPI), il cui impiego più diffuso – sfruttando le nuove tecnologie già disponibili – potrebbe avere un impatto significativo nella riduzione delle ICA. L’esperienza del Covid ci ha insegnato quanto sia cruciale proteggere il personale sanitario: non farne tesoro sarebbe un errore imperdonabile, soprattutto considerando che la soluzione è già nelle nostre mani.

L’Italia è all’avanguardia nella progettazione di dispositivi di protezione innovativi. LCM S.p.A., azienda italiana con oltre 40 anni di esperienza nel commercio e nella distribuzione internazionale di materie prime per le industrie cosmetica, farmaceutica, nutraceutica, chimica e alimentare, ha ampliato il proprio raggio d’azione sviluppando soluzioni avanzate per il settore sanitario. In collaborazione con Erreà, ha creato indumenti sanitari dotati di nanotecnologia a base di particelle di zinco, in grado di eliminare virus e batteri non appena entrano in contatto con il tessuto. Queste divise, oltre a garantire comfort, offrono un’efficace barriera antimicrobica, riducendo il rischio di contaminazione tra il 30% e il 50%, secondo gli studi condotti dall’azienda.

Ma non si tratta solo di sicurezza sanitaria: il contenimento delle infezioni ha anche un impatto economico rilevante. Un’infezione da microrganismo multi-resistente può costare tra 8.500 e 34.000 euro per singolo caso. Complessivamente, le ICA rappresentano un peso del 6% sulla spesa sanitaria pubblica, risorse che potrebbero essere investite in personale, strutture e nuove tecnologie.

Grazie a un’iniziativa dell’onorevole Luciano Ciocchetti (Fratelli d’Italia), vicepresidente della Commissione Affari Sociali, il Governo ha già preso impegni per potenziare la sicurezza dei sanitari, con interventi mirati a ridurre il rischio di infezioni. Tra le misure previste, rientrano la collaborazione tra Ministero della Salute e strutture sanitarie per diffondere buone pratiche sull’uso di DPI avanzati, l’introduzione di verifiche periodiche per garantire che ospedali e cliniche adottino i migliori standard di sicurezza e il rafforzamento della normativa esistente sull’uso dei dispositivi di protezione. Inoltre, si prevede l’integrazione di criteri di qualità nei capitolati di gara per promuovere l’adozione di DPI innovativi sia nel settore pubblico che in quello privato.

L’elemento chiave della prevenzione è l’utilizzo di dispositivi di protezione avanzati, tecnologicamente evoluti e certificati. Il nostro Paese dispone delle risorse e delle competenze per farlo: non possiamo più rimandare. Proteggere chi si prende cura di noi è una priorità. Investire nella sicurezza di medici e infermieri significa garantire una sanità più efficiente, riducendo i costi e salvando vite. E farlo con eccellenze del Made in Italy è un’opportunità da non sprecare.

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