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Puglia, sanità allo sbando: medici non iscritti all'albo, viene dimessa e muore, visite in nero a domicilio

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Sanità pugliese allo sbando. Ecco tre storie emblematiche che spiegano meglio nel dettaglio la condizione delle strutture ospedaliere nella Regione Puglia. La prima una vicenda avvenuta nel barese. C'è chi ha lavorato come infermiere in strutture pubbliche per 42 anni senza essere iscritto all'albo. Qualcun altro, invece, "solo" per 18 o 16. In totale sono 15 gli imputati per cui è stata disposta la citazione diretta a giudizio da parte del pm Marcello Quercia e fissata l’udienza predibattimentale davanti al giudice Domenico Mascolo. A quanto si apprende, non sarebbero state sufficienti le spiegazioni fornite dagli infermieri nel corso degli interrogatori. Secondo l Procura, dovrà essere un giudice a decidere se sia stato commesso o meno un reato. Intanto, dopo aver ricevuto la diffida, gli infermieri, tra febbraio e marzo 2022, si sono iscritti all’Ordine. Ma non è bastato per evitare loro di finire sotto inchiesta.

Ma ci sono anche storie più tragiche. Lo scorso 13 gennaio una 71enne di Coversano è morta dopo essere stata visitata e dimessa dal pronto soccorso dell'ospedale di Putignano. Lì sono in servizio la dottoressa 66enne e l’infermiere 35enne che l’hanno visitata la sera del 12 gennaio e che ora sono indagati per omicidio colposo, nel fascicolo aperto dal pm Matteo Soave. Ad allarmare i suoi familiari, i tempi "troppo brevi" della visita ospedaliera e le sue dimissioni affrettate. Così i parenti della donna hanno deciso di denunciare la struttura sanitaria. Il pm Soave ha dato mandato ai carabinieri di acquisire la scarsa documentazione medica relativa all’accesso in ospedale avvenuto il 13 gennaio e anche quella relativa a eventuali ricoveri (o accessi in ospedale) precedenti o a passati problemi di salute.

Infine il caso delle visite a domicilio "in nero". A Bari, tra il 2016 e il 2017, dieci professionisti, tutti in servizio nel reparto di emofilia del Policlinico e, quindi, "incaricati di un pubblico servizio", ha evidenziato il pm Marco D'Agostino. Questi infermieri si sarebbero "appropriati indebitamente di materiale sanitario" di proprietà del Policlinico, "ad esclusivo uso ospedaliero" e pertanto "non distribuibile al personale infermieristico né autonomamente prelevabile e detenibile dagli stessi". Secondo l'accusa della Procura, è stato utilizzato per effettuare decine di prelievi a domicilio e terapie a pazienti in cura, in cambio di denaro e regali. Dall'inchiesta è emerso che per ogni prestazione gli infermieri si sarebbero fatti consegnare dai pazienti tra i 10 e i 15 euro.

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