Dalla globalizzazione ai nuovi equilibri internazionali: il localismo strategico è la soluzione per un nuovo ordine europeo e mondiale
Gli equilibri internazionali sono compromessi. E le guerre degli ultimi anni (e delle ultime settimane) non ne sono una causa, ma un sintomo di un tracollo iniziato già da diversi decenni. Quando il 24 febbraio 2022 la Russia ha invaso l’Ucraina, il significato politico di quell’attacco, sul piano internazionale ha prodotto una serie di analisi e considerazioni, dividendo il mondo, analizzando le tappe temporali che hanno alimentato un clima di tensione culminato e sfociato in conflitto bellico. E oggi, quanto sta accadendo a Gaza ci impone le medesime riflessioni. La rottura degli equilibri internazionali ha prodotto, produce e produrrà una serie di conseguenze, con la necessità di ripensare il modello di sviluppo, individuando nuovi paradigmi in grado di ricomporre i rapporti tra gli attori mondiali e instaurando una diversa visione del futuro in un quadro di relazioni tra soggetti pubblici, istituzioni e privati in cui si possano riconoscere e soddisfare le aspettative del cittadino universale.
L’assetto politico internazionale, la dinamica economica, i modelli e i metodi di sviluppo molto spesso sembrano inadeguati al nostro tempo. Da un lato emergono le difficoltà di sistemi di sviluppo ancorati a una vecchia concezione economica, oggi resa più evidente dalla crisi internazionale, politica ed economica, ingigantita da una “globalizzazione” che tende a emarginare chi è in difficoltà, evidenziando l’assenza di meccanismi di tutela delle famiglie e delle imprese meno strutturate. Al contrario le potenzialità dei nuovi mezzi e delle nuove tecnologie della comunicazione, dei social media e del metaverso, dell’attualità di applicazione dell’IA, manifestano opportunità inimmaginabili nel lustro precedente, con l’apertura di nuovi spazi economico-sociali, caratterizzati da grande flessibilità e semplicità nella comunicazione, nella internazionalizzazione, nella creazione di una rete globale e istantanea, in cui il fattore tempo è pressoché azzerato.
Il valore della moneta oggi è completamente cambiato perché ci troviamo in un contesto dove i parametri e gli algoritmi finanziari, dal debito al PIL, passando per lo spread per esempio, non sono più in grado di misurare le reali condizioni di vita dei cittadini. E risulta così evidente la debolezza dell’Europa, con un modello di sviluppo che non corrisponde alle aspettative e necessità dei cittadini. Ecco perché occorre interrogarsi e accelerare il passaggio a una fase nuova che non ripercorra esclusivamente lo stanco richiamo alla crisi delle ideologie di inizio millennio, ma trasformi il sensazionalismo, spesso finalizzato alla giustificazione dell’esistenza di un’istituzione, nella elaborazione di un nuovo modello, capace di saldare insieme la crescita dell’Europa e le trasformazioni degli assetti istituzionali interni ai singoli Paesi che la compongono. Situazioni straordinarie richiedono soluzioni straordinarie. Occorrono allora nuovi paradigmi su cui ancorare i destini dell’Europa e dei Paesi occidentali, un nuovo modello di sviluppo che consenta a famiglie e imprese una nuova dimensione sociale che dal locale guardi orizzonti globali: il Localismo Strategico. Si tratta di un modello che mette al centro le capacità delle comunità locali, intese in senso più ampio anche come Nazioni, di generare risorse e valore aggiunto, mettendo a frutto le potenzialità presenti nei singoli Paesi.
Il consumismo, che un certo mondo ha imposto alla società, per poter piazzare beni e servizi, ha portato le nazioni a indebitarsi oltre ogni limite sostenibile. L’offerta di beni e servizi in copiosa quantità, riconoscendo agli stessi anche il rango di diritti, ha consentito di far crescere la domanda aggregata, offrendo però il fianco al meccanismo della speculazione. Viene così alimentato, al contrario, quel clima di incertezza e di instabilità utile ai fautori della speculazione internazionale, divenuta per questi aggregati il vero centro del potere.
Dopo circa vent’anni di politiche tese alla globalizzazione del sistema, costellate da una serie di crisi di carattere economico-finanziario, di contrasti commerciali, non in ultimo intaccate dalla pandemia, siamo di fronte a un interrogativo sul futuro della globalizzazione che dovrà essere adeguata e gestita con un modello condiviso dalla comunità internazionale.