Tirelli (LgR): "Ridisegnare istituzioni italiane. Serve una nuova Costituente"
Il presidente del movimento politico "Libertà, Giustizia, Repubblica": Regioni inefficienti e costose, meglio sostituirle con 100 aree metropolitane
«Si parla troppo del dualismo Settentrione/Meridione eppure nessuno considera che il rilancio dell’Italia può e deve passare anche dalla valorizzazione del Centro Italia: un territorio industrioso e ricco di opportunità che fino a oggi sono state trascurate colpevolmente dalla politica».
A parlare è l’avvocato Alexandro Maria Tirelli (già presidente delle Camere penali del diritto europeo e internazionale), leader del partito «Libertà, Giustizia, Repubblica».
«Ci sono diverse regioni, come Abruzzo, Marche, Umbria e Molise, che negli anni sono state “oscurate” e dimenticate dai grandi players decisionali, a tutti i livelli, ma che potrebbero invece rappresentare un traino importante per l'economia nazionale se ben organizzate», spiega a Liberoquotidiano.it. «Sono zone piene di cultura e storia, peraltro rimaste immuni dal degrado che ha aggredito il Sud Italia e dai fenomeni di saturazione industriale che hanno caratterizzato, invece, il Nord Italia; e che si pongono, anche dal punto di vista geografico, in condizioni strategiche per gli scambi commerciali. Con una oculata programmazione economica, queste regioni potrebbero essere sedi di importanti investimenti capaci di creare sviluppo in settori strategici come quelli del terziario, della tecnologia, dell’impresa e del turismo. Abbandoniamo l’assurda idea della dicotomia Nord-Sud, il Centro è la vera chiave di volta della ripresa economica italiana».
Dall'idea alla pratica però passa un oceano...
«Vero, ma con un po' di coraggio si può fare tutto, ed è quello che ripetiamo, come movimento politico, nel corso degli incontri e delle riunioni con i nostri iscritti e con i rappresentanti politici dei diversi partiti con cui stiamo interagendo anche in vista dell'appuntamento elettorale europeo. La nostra ricetta è semplice e la mettiamo a disposizione di chiunque abbia la voglia e quella “lucida follia”, per dirla con Erasmo da Rotterdam, di tentare una strada non omologata per tentare di risollevare le sorti di quella che fino a trent'anni fa è stata la settima potenza industriale del mondo».
E cioè?
«Bisognerebbe, in prima istanza, aggiornare le modalità di “guida” del nostro Paese. Attualmente l’Italia è come una antica Fiat Balilla. Una vettura d’epoca che, seppur prestigiosa, non può per ovvi motivi correre al pari di una Porsche tedesca. Per renderla competitiva si dovrebbe attuare un cambiamento radicale, un’ampia riforma costituzionale che passi attraverso una nuova assemblea costituente. Proprio come accadde nel ‘48. Mettere in campo un nuovo disegno istituzionale, completamente diverso nella struttura e nelle finalità, che elimini tanti enti onerosi e superflui e tante distorsioni del sistema».
A cosa si riferisce quando parla di enti superflui?
«Mi riferisco alle Regioni, in quanto entità amministrative che andrebbero abolite completamente, lasciandole solo come denominazione geografica come, peraltro, è stato fino agli anni Settanta quando, con una scelta infelicissima, sono state istituite come doppioni dello Stato centrale. Come sono concepite oggi, le Regioni rappresentano una voragine infinita di sperpero di denaro pubblico, un pozzo senza fondo che ingoia e brucia miliardi e miliardi di euro senza portare alcun contributo qualificante al miglioramento della vita dei cittadini. La loro sola esistenza aiuta, anzi, a rendere il sistema Italia farraginoso e ingestibile dal punto di vista dell'efficienza delle procedure».
Possibile che sia tutta colpa delle Regioni?
«Certo che no, ma sono certamente le strutture più grandi e importanti da smantellare per prima. Quando parlo di Enti inutili mi riferisco anche a Province, Città metropolitane, parchi e parchetti vari, comunità montane, mega e micro Comuni».
Non è una visione un po' troppo statalista... anzi, quasi sovietica raccontata così?
«Al contrario, il nostro progetto di riforma costituzionale prevede invece un territorio nazionale organizzato in maniera articolata sul territorio proprio per evitare i rischi di un centralismo dirigista».
Non è un po’ difficile da mettere in pratica in un Paese come l'Italia dove la burocrazia non brilla certo per capacità?
«Tutt’altro. Una delle proposte qualificanti del nostro progetto politico si basa sulla istituzione di nuove aree metropolitane al posto proprio delle attuali Regioni. In pratica immaginiamo un Paese diviso in 100 aree metropolitane (nate dall’unione dei singoli Comuni) da 600.000 abitanti ciascuna, guidate da sindaci (che potremmo chiamare governatori metropolitani) con poteri esecutivi sottoposti al controllo di assemblee elette dai cittadini. Insomma, si verrebbero a creare solo due livelli di governo: quello centrale di Roma e quello decentrato dei “super sindaci”. Al primo sarebbero demandate le decisioni e le scelte di carattere strategico per l'intera nazione, mentre ai 100 governatori metropolitani e alle 100 assemblee di controllo cittadine tutte le incombenze che riguardano la fornitura dei servizi necessari a un bacino di massimo 600mila italiani ciascuna con propria autonomia di spesa».
Quali sarebbero i vantaggi di un sistema così strutturato? Non è un'Autonomia spinta all'ennesima potenza?
«I benefici sarebbero diversi, non c'è dubbio. Si eliminerebbero per esempio le lungaggini burocratiche. Gli scambi di pareri al massimo potrebbero avvenire tra due livelli e non più tra 4 o 8 o 12 come ora, se consideriamo le strutture parallele come le varie autorità, le varie soprintendenze e tutto il sottobosco di sigle e strutture statali che succhiano solo soldi sottraendoli ai cittadini. Si annullerebbero poi gli sprechi di fondi, oggi gestiti dalle Regioni, e si eviterebbero montagne di carte inutili. Autonomia spinta, dice? Sarebbe il contrario, invece: con 100 governatori metropolitani al posto dei circa 8mila Comuni, delle 107 Province, delle 20 Regioni e delle 12.848 istituzioni pubbliche censite dall'Istat in Italia, penso che potremmo soltanto semplificare le procedure ed evitare i bizantinismi che bloccano lo sviluppo dell'Italia».