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Il dramma dei pescatori della Louisiana

Non solo disastro ecologico. la marea nera è anche un problema economico
di Tatiana Necchi sabato 8 maggio 2010

3' di lettura

I pescatori della Louisiana non possono far altro che guardare impotenti il Golfo del Messico, dove ormai da due settimane i resti della piattaforma Bp continuano a disperdere litri di petrolio al giorno. Trentadue navi, cinque aerei e oltre mille uomini. Spese per oltre sei milioni di dollari al giorno. Soldi che, però, non sono per ora bastati a fronteggiare il disastro ecologico ed economico abbattutosi sulla Louisiana. L'incidente, che il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha definito domenica una "catastrofe senza precedenti", sta creando più danni del previsto: infatti sta influendo pesantemente sull'industria della pesca, un mercato da ben 2,4 miliardi di dollari. Il governo federale ha sospeso per precauzione la pesca per almeno dieci giorni in un area che va dal fiume Mississippi fino alla Florida occidentale, lasciando senza lavoro i pescatori del Golfo. Un blocco forzato che spaventa ancora di più vista l’incertezza che regna sui tempi. Ci potrebbero volere mesi per chiudere la falla, così come per tornare a pescare. Una catastrofe, dunque, economica, e umana. I pescatori di gamberi avevano aspettato con ansia la fine di uno dei peggiori inverni degli ultimi anni e avevano appena ricominciato a pescare. «Mettiamo da parte soldi tutto l’anno per poter vivere in inverno _ spiega Kip Marquize, pescatore di gamberi da vent'anni _ Poco prima che ricominci la stagione usiamo i nostri soldi per gli equipaggiamenti. Il disastro è arrivato nel momento peggiore». Dunque rabbia e sconforto segnano le giornate dei pescatori del sud della Louisiana. Se l’industria dovesse restare ferma a lungo non avrebbero di che vivere. «Siamo stati pescatori per venti o trent'anni, alcuni ancora di più _  spiega ancora Marquize _ Non abbiamo nessuna altra qualifica. E se anche la avessimo non ci sarebbero opportunità di lavoro. Quando tutto questo sarà finito restemo con un’industria a pezzi e nessuna possibilità di ripresa». Ma lepersone non stanno con le mani in mano. Infatti molti pescatori hanno deciso di unirsi alle squadre di salvataggio che cercano di ripulire le coste del Messico. La BP ha anche offerto contratti ai pescatori che usano le proprie barche nelle operazioni di pulizia. «È solo per dare una buona immagine» commenta però Mike Brunner, un altro pescatore della zona.  La paura dei pescatori è anche che la maggior parte del business delle operazioni di pulizia finirà fuori dalla comunità, come già successe con l’uragano Katrina nel 2005. «C'è molta amarezza _ spiega Roger Halphen, un abitante della zona _ Molti di loro sono pescatori di seconda, terza o quarta generazione, e stanno vedendo la fine della loro industria». In loro soccorso ha parlato oggi anche il presidente Obama, che ha asupicato l'impiego dei pescatori nelle operazioni di pulizia. «Dove è possibile _ ha detto Obama _ vorrei vedere al lavoro le persone maggiormente travolte da questo disastro». Fra i primi a ricevere la chiamata attesa da molti è stato Yancy Matherne, 49 anni, che ha così la possibilità di guadagnare qualche soldo per ripulire l’oceano: «Io e mio fratello siamo appena tornati da quello che probabilmente sarà la nostra ultima pesca». A soffrire le conseguenze dell’incidente sono però anche il settore del turismo e quello della ristorazione. Per loro l’unica speranza è che al posto dei turisti arrivino in soggiorno squadre di lavoratori impegnati nella pulizia dell’oceano. «Magari non si divertiranno molto _ spiega Dana Powell, responsabile del Paradise Inn di Pensacola Beach in Florida _ ma probabilmente spenderanno molti soldi in liquori, visto che saranno particolarmente depressi».

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