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Silvio si leva i sassolini

Berlusconi non le manda a dire: Di Girolamo me l'han portato quelli di An. Nuovo schiaffo ai Pm: talebani
di Albina Perri sabato 27 febbraio 2010

3' di lettura

La procura di Milano è servita: «Il processo andrà avanti e voglio venirne fuori con un’assoluzione piena», assicura in pubblico Silvio Berlusconi, e preso in parola vuol dire che non intende avvalersi della prescrizione. Un impegno nobile, che se mantenuto rischia però di rivelarsi suicida. Vedremo. Gli esponenti finiani che volevano metterlo in difficoltà  giocando a fare i surfisti sull’onda dell’indignazione moralista: serviti anche loro. Avete presente il senatore del PdL Nicola Di Girolamo, quello accusato di essere stato eletto all’estero con i voti della ‘ndrangheta? Ecco, di costui ieri Berlusconi ha detto che «non è stato portato da gente di Forza Italia: è stato portato da un responsabile di Alleanza Nazionale che non ho il piacere di conoscere». Et voilà. Un colpo ai magistrati «talebani» e un altro, meno evidente ma assai più duro, agli alleati-avversari di ciò che resta di Alleanza nazionale. Ci fosse stata pure un’opposizione parlamentare, ieri il premier ne avrebbe avute anche per loro, ma per il Pd che perde un pezzo al giorno, e oggi è costretto ad accodarsi all’adunata del popolo viola, basta e avanza Fabrizio Cicchitto. Il gioco si è fatto duro e il premier non ha alcuna voglia di farsi trovare morbido. La ricetta tradizionale, che a poche settimane dal voto prevede di ingoiare rospi in silenzio e magari fingendo di sorridere, non lo convince più Insomma, il gioco si è fatto duro e il premier non ha alcuna voglia di farsi trovare morbido. La ricetta tradizionale, che a poche settimane dal voto prevede di ingoiare rospi in silenzio e magari fingendo di sorridere, non lo convince più. Anche perché Berlusconi è convinto di non essere stato lui a iniziare. Due giorni fa, su questo quotidiano, si leggeva che «complice l’offensiva giudiziaria delle procure, Fini e i suoi hanno capito di avere davanti un terreno, quello delle leggi per la moralizzazione della politica, su cui Berlusconi agisce da neofita, e hanno deciso di non fargli sconti». Da qui, ad esempio, l’isolamento di Guido Bertolaso, che Berlusconi aveva quasi fatto ministro, ad opera di molti esponenti della vecchia Alleanza nazionale. Oppure la richiesta di leggi dure contro tutti i corrotti avanzata da Giulia Bongiorno, che Repubblica ovviamente si è divertita a contrapporre ai tentennamenti, veri e presunti, dei fedelissimi del Cavaliere. Il più inquieto di tutti i finiani, Fabio Granata, giovedì si è persino presentato al camper del popolo viola - quelli che avevano già organizzato la manifestazione del 5 dicembre, nella quale Berlusconi, dal palco, era stato definito «mafioso» - per farsi dare la patente di bravo deputato legalitario. Mai, però, sottovalutare le risorse di Berlusconi. Il «neofita» ha subito capito le regole del gioco e ieri ha scaraventato il corpaccione del povero Di Girolamo sul tavolo di Fini: tieni, questo è roba tua. Così come è «un regalo di An», mugugnano i berluscones, la legge elettorale per gli italiani all’estero, che si presta a ogni tipo di compravendita e per questo va cambiata (anche se l’impressione è che gli uomini del Cavaliere, se potessero, risolverebbero il problema cancellando il voto agli emigrati). Le tensioni dovrebbero aumentare nei prossimi giorni, se è vero che tra gli ultrà berlusconiani c’è chi sta pensando di chiedere conto a Fini dell’isolamento politico subíto dall’avvocato Enzo Fragalà, ex parlamentare di An e garantista doc, massacrato di bastonate martedì sera e morto ieri. Attacchi ai quali è facile prevedere reazioni altrettanto dure da parte del presidente della Camera e dei suoi. Un atteggiamento, quello del PdL in questa campagna elettorale, che da un lato sconcerta per il tasso di litigiosità, ma dall’altro fa capire bene che il centrosinistra non spaventa davvero nessuno. Al punto che il PdL può permettersi di creare in casa quell’opposizione che, altrimenti, non ci sarebbe. di Fausto Carioti

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