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Ricette per cucinare i gatti, sito choc denunciato

Ai pinoli, in salmì, o sul crostino: seguaci di Beppe Bigazzi pubblicano i modi per rosolare il micio. L'associazione animalista Aidaa: una vergogna
di Albina Perri sabato 14 agosto 2010

4' di lettura

Albina Perri- I quattro gatti in padella non li digeriamo proprio. Nemmeno per scherzo. Son bastate una manciata di ore e una denuncia penale da parte dell’associazione animalista Aidaa per convincere gli ideatori del sito www.mangiagatti.com a togliere dal web le ricette migliori per rosolare i mici. In salmì, in agrodolce, ai pinoli o spalmato su di un crostino, non fa differenza: mangiare il felino è reato. E chi ne parla va condannato senza se e senza ma. I tapini online hanno dovuto scrivere che «questo sito è chiaramente un burla. Togliamo le ricette (tutte raccolte sul web, abbiamo semplicemente sostituito la parola “coniglio” con la parola “gatto”) perché alcune persone potrebbero prenderle sul serio e cucinare il proprio animale. L’immagine qui a fianco mostra un piatto a base di coniglio. Un sentito ringraziamento all’Aidaa per la ristrettezza mentale dimostrata». Coda tra le gambe e via. Il conduttore toscano aveva avuto l’ideona di raccontare al pubblico di quando “lo si teneva per tre giorni nell’acqua del torrente” per preparare al meglio “le sue carnine bianche” Il portale incriminato è “dedicato a Beppe Bigazzi, fatto fuori dalla Rai per aver detto in televisione che in passato i gatti venivano mangiati”. Il conduttore toscano aveva avuto l’ideona di raccontare al pubblico di quando “lo si teneva per tre giorni nell’acqua del torrente” per preparare al meglio “le sue carnine bianche”. «Mi riferivo solo a un proverbio della tradizione toscana: a Berlingaccio (carnevale in dialetto) chi non ha ciccia ammazzi il gatto», ha spiegato poi contrito. Niente da fare: mangiare i mici è un tabù su cui non si discute. Non potevano certo farla franca  gli autori del sito, che consigliano di consumare la carne «soprattutto d’inverno. Per essere buoni da mangiare la loro età deve essere compresa fra tre mesi e un anno. Prima di passare all’esecuzione della ricetta scelta, tenere a bagno il gatto per mezz’ora in una soluzione composta da un litro e mezzo d’acqua e un bicchiere d’aceto. La carne del gatto è un po’ acquosa, quindi farla saltare alcuni minuti in padella per asciugarla. I tempi di cottura sono di circa 30-45 minuti, a seconda dell’età dell’animale». «È una vergogna che esista ancora gente che pubblicizza e inneggia all’uccisione dei gatti a scopo culinario - dice il presidente dell’Associazione italiana difesa animali ed ambiente, Lorenzo Croce -. Abbiamo chiesto l’immediato oscuramento del sito, ma non ci basta: vogliamo che i responsabili vengano presi e puniti con il massimo della pena», ha tuonato. «Le leggi puniscono con il carcere chiunque maltratti o uccida un gatto, figuriamoci poi se questa uccisione avviene a scopo culinario». Il sito rispecchia un’abitudine dura a morire. Almeno 23mila felini spariscono ogni anno per finire in pentola. Al Nord fa parte della tradizione: durante la Seconda guerra mondiale era normale metterli in forno. Il divieto arrivò nel 1943 e fu messo nero su bianco con un decreto firmato da tutti i prefetti della penisola, su disposizione del ministero degli Interni, preoccupato dall’aumento di topi: «È vietata l’uccisione dei gatti per la utilizzazione delle carni, dei grassi e delle pelli. I contravventori incorreranno nelle penalità comminate dall’articolo 650 del Codice Penale». D’altra parte «l’uomo mangia cose e l’animale per essere una cosa deve essere morto o addomesticato», diceva George Bataille. Di certo non può russare sul sofà di casa. La carne che abita con noi diventa parte della famiglia, ed è impossibile farla finire in un piatto: nessuno si sognerebbe di mangiarsi il nonno. Per i cinesi invece la saliva è una prelibatezza. Gli inglesi si mangiano gli scoiattoli,  per noi sarebbe come cucinare Cip e Ciop  Ma le abitudini alimentari fanno parte delle società e delle culture e sono soggettive: fino a cinquanta anni fa gli antropofagi della Nuova Guinea trovavano squisita la carne umana, con una preferenza per quella di donne e bambini. Insetti, cavallette e lombrichi sono cibi prelibati per milioni di persone; quarantadue popoli mangiano ratti, moltissimi non berrebbero mai un bicchiere di latte perché secreto dalle ghiandole animali, come la saliva o il sudore. Per i cinesi invece la saliva è una prelibatezza. Gli inglesi si mangiano gli scoiattoli,  per noi sarebbe come cucinare Cip e Ciop.  “Meat is murder”; cantavano tre decenni fa gli Smiths: “La carne è omicidio”; ingoiare bistecche è delitto. In Italia si mangiano a testa, in media, 92 chili di carne all’anno. Insomma, il cibo è un’opinione. Ma se l’uomo -come diceva il filosofo tedesco Ludwig Feuerbach- è ciò che mangia, chi spadella il gatto di casa è e resta un animale.

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