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Ecco il blitz per liberare i marò:sommergibile, spie e incursori

L'Italia ha le forze operative, la tecnologia e l'intelligence per andare a riprendersi i due soldati ingiustamente accusati in India
di Andrea Tempestini domenica 17 giugno 2012

Un blitz militare per riportare a casa i due italiani

3' di lettura

Gli uomini dell’intelligence militare non hanno avuto difficoltà ad affittare una piccola imbarcazione da pesca sportiva senza dare troppo nell’occhio in un’area come quella di Kochi visitata da numerosi turisti stranieri. Nella tarda serata all’Embarkation Jetty, l’imbarcadero a nord dell’isola di Willingdon, non c’è mai molta gente e nell’oscurità nessuno ha  fatto caso ai quattro uomini arrivati a bordo di un furgoncino Tata che aveva percorso tutta la Malabar Road per salire a bordo del piccolo motoscafo.  Massimiliano Latorre e Salvatore Girone hanno lasciato le loro camere all’albergo Trident, nell’isola di Willingdon ad appena 500 metri dall’aeroporto militare, utilizzando un ingresso di servizio nascosti all’interno di due carrelli utilizzati per il trasporto della biancheria. Gli agenti della polizia indiana che sorvegliano con discrezione e in abiti borghesi i movimenti dei due fucilieri da quando hanno ottenuto la libertà su cauzione li credono nelle loro camere (dove due militari della delegazione italiana tengono luci e televisione accesa) e non fanno caso a un furgone Tata che si dirige a nord lungo la Bristow Road.  Silenziosi e invisibili Per precauzione Latorre e Girone hanno  lasciato in camera anche i telefoni cellulari utilizzati in questi mesi per parlare con i famigliari e molto probabilmente controllati dalle autorità indiane. In pochi minuti l’imbarcazione si lascia alle spalle le luci della Port Autorithy e punta decisamente verso lo stretto che conduce in mare aperto. Dopo quindici minuti l’equipaggio verifica la propria posizione con il Gps e ferma il motore  spegnendo le luci. È quello il punto esatto per l’appuntamento con il sottomarino Scirè, gioiello tecnologico della flotta subacquea italiana, che in qualche secondo emerge a poche decine di metri. Il motoscafo riaccende il motore e si avvicina al sommergibile.  A Latorre e Girone basta un balzo per raggiungere lo scafo e scomparire dentro a un  boccaporto mentre i loro accompagnatori avranno ancora alcune ore per far sparire le loro tracce prima che, nella tarda mattinata, la polizia noti che i due fucilieri non si sono presentati per la firma quotidiana. Derivati dagli U-212 tedeschi, i sottomarini Scirè e Todaro (e i due gemelli più moderni in costruzione)  sono in grado di navigare a lungo immersi e silenziosi grazie al sistema propulsivo a celle a combustibile in cui l’idrogeno e l’ossigeno vengono fatti reagire per produrre energia elettrica. Meno di 2mila tonnellate di stazza per 56 metri di lunghezza, grazie alla ridotta segnatura sonar possono avvicinarsi alle coste nemiche sbarcando incursori e spie. Certo questo è un racconto di fantasia ma basta leggere le motivazioni dell’incriminazione dei due militari per rendersi conto che il verdetto del processo è già scritto.  La beffa di Kochi Assurdi i capi d’accusa, tra i quali l’associazione a delinquere, prove inconsistenti, testimonianze traballanti, perizie inaffidabili e le dichiarazioni di ministri del governo federale e autorità del Kerala che condizionano i giudici. Per questo l’unica risposta che l’Italia può dare a Nuova Delhi è riportare a casa Latorre e Girone con l’astuzia e un colpo di mano che rinnoverebbe (senza sparare un colpo e senza affondare una sola nave), le gesta degli incursori che nella Prima guerra mondiale violarono la base navale austriaca di Premuda e nella Seconda quelle britanniche di Alessandria e Gibilterra. Una beffa che darebbe una lezione all’arroganza dell’India e qualche punto all’orgoglio nazionale di un’Italia che oggi più che mai ha bisogno di eroi. di Gianandrea Gaiani

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