Il destino dei numeri uno (i figli primogeniti) si capisce anche da episodi come questo. A Treviso un papà di 35 anni decide in un caldo pomeriggio di agosto di portare al parco i figli di 5 e 3 anni. Li chiameremo Luca e Stefano, per fissare meglio la scena. La giornata è torrida, toglie il fiato. Non c’è anima viva in giro, giusto due tossici buttati su una panchina e qualche anziano assopito ai tavolini di un chiosco. I tre scherzano e ridono tutto il giorno. “Papà mi spingi sull’altalena?”, “papà guarda come mi arrampico”. Un quadretto idilliaco. Con mamma a casa che si immagina i giochi e le baruffe mentre si concede una pausa dalla bufera quotidiana. A un certo punto il richiamo della cena imminente. “Si è fatto tardi, andiamo”, grida papà: agguanta Stefano, il figlioletto di 3 anni e sale in macchina. Luca no, lo lascia al parco. Luca che fino a un minuto prima correva col fratellino, si arrampicava e sghignazzava dietro ai grilli, uno sguardo ogni tanto al fratellino e uno di sbieco a papà, Luca resta lì convinto che il gioco vada avanti. “Adesso mi nascondo”, pensa Luca e si infila in un tunnel di cemento. Fa un caldo bestiale, le gocce scendono sulla fronte arrossata come se piovesse. Il cuore batte forte, tum tum. "Adesso mi cercano", "adesso sento la vocina di Stefano". "Dai che adesso viene papà e mi abbraccia forte". Invece no. Non c’è Stefano a fare capolino all’imbocco del tunnel ma la faccia tonda e odiosa di un ragazzino mai visto prima. E il signore che si vede là in fondo al parco assomiglia tanto a papà ma no, non è lui. Eppure erano qui un momento fa. "Non piango mica io", pensa Luca, ma le lacrime scendono copiose sulla sua faccina rossa bagnata di sudore. Stefano e papà intanto se ne stanno seduti tranquilli in macchina. Scambiano qualche battuta, ridono, scherzano. Luca non c’è. Luca non c’è… ma perché nessuno se ne accorge? Perché nessuno lo chiama? Quando la moglie apre la porta di casa e lo guarda in faccia, questo papà di 35 anni si accorge di aver fatto l’errore della vita. La donna sbianca mano a mano che gli occhi indagano avidi ogni centimetro di pianerottolo alle sue spalle. La sua voce riesce a dire appena “ e Luca dov’è?" Cinque parole di risposta: "l’ho dimenticato al parco". Cinque maledette parole prima di correre come pazzi ai giardinetti e scivolare in fretta nell’abisso dell’angoscia. Hanno battuto ogni centimetro del parco. Hanno urlato, pianto, chiamato la polizia. Si sono anche insultati. "L’hai dimenticato bastardo…." Luca ha vagato per mezzora lungo le strade deserte di Treviso poi qualcuno si è accorto di questo bambinetto solo e ha avvertito vigili. Per il papà 35enne nessuna denuncia: "è già molto provato", hanno detto i ghisa. Strano modo di vedere le cose. La realtà è che Luca è stato abbandonato, cancellato, rimosso per due ore. E non c’entrano nulla la routine, lo stress, la fatica che ci piace scomodare per giustificare l’abbandono di un figlio in auto da parte di un papà o una mamma distratti. Quel papà si è ricordato di un figlio ma ha scordato l’altro. E questa sensazione di abbandono - semplice, pura, allucinante - Luca se lo porterà dentro per sempre.