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Trapani si tuffa in mareper salvare la provincia

Rivolta dei parlamentari contro la spending review. Il senatore D'Ali: "Se nel conteggio includiamo i fondali, non ci possono proprio tagliare"
di Andrea Tempestini domenica 29 luglio 2012

3' di lettura

di Fosca Bincher La scena si è svolta nell’ufficio del presidente della commissione bilancio del Senato, Antonio Azzolini. Venerdì 27 luglio, all’ultimo giro di boa dell’esame in commissione sul provvedimento di legge sulla spending review, è esplosa quel che da tempo covava: la rivolta dei parlamentari sul taglio delle province. Come si è capito ormai da anni, tutto puoi toccare ai politici di ogni ordine e grado, meno quelle poltrone. Le nuove regole inserite da Mario Monti per la prima volta davano l’impressione di fare sul serio: soppressione di più della metà degli attuali consigli provinciali, taglio secco di centinaia di poltrone. Il governo aveva posto tre criteri, e i due più importanti erano quello dell’ampiezza del territorio e della popolazione servita per mantenere ancora in piedi le province che potevano avere qualche utilità. Inserita anche una data limite per la tagliola: il mese di ottobre 2012.  Per salvare il salvabile ogni parlamentare ne ha provate di tutti i colori. Prima con una pioggia di emendamenti che spesso cambiavano i criteri per tenere fuori la propria provincia di origine. Poi provando a cambiare i tempi di attuazione e sperando nel prossimo governo. Quel venerdì mattina quando tutto ormai sembrava perduto, il senatore trapanese Antonio D’Alì è entrato nell’ufficio di Azzolini sicuro di avere trovato l’uovo di Colombo per salvare quella provincia di Trapani di cui lui stesso fu presidente. «Il mare! I fondi marini! Nel calcolo del territorio vanno compresi anche i fondali marini, che ne fanno pure parte!». Già, calcolando i fondali marini la provincia di Trapani avrebbe rispettato due delle tre condizioni poste dal governo per mantenerla in vita. Di fronte allo sguardo perplesso perfino dei colleghi di partito: «Antonio, dài! Se facciamo una cosa così poi ci linciano», il tenace D’Alì ha pure spiegato il suo ragionamento: della provincia fanno parte anche alcune isole, ed è evidente che il territorio debba continuare fino a là, e non solo ricomprendendo al suo interno le aree isolane. È provincia appunto anche il fondale sottomarino dalla costa fino alle varie isole della zona.  Il lodo D’Alì non è passato in riunione, e ha suscitato più di un sorriso fra chi vi ha partecipato. Ma era spia di un malessere diffuso fra i parlamentari, tanto è che alla fine il governo ha innestato una piccola ma sostanziale retromarcia rispetto ai propositi originari. La soppressione delle province ha attenuato la sua fermezza nella spending review, trasformandosi perfino terminologicamente: ora è divenuta «riordino», parola che dice tutto e nulla, e che in politichese si traduce facilmente con il «cambio tutto per non modificare nulla». La tempistica e la selva burocratica di passaggi che il nuovo testo prevede per arrivare alla benedetta soppressione delle province inutili, conferma la sensazione. L’iter si allunga intanto di un anno, e se mai avverrà qualcosa, accadrà con il prossimo governo (prima vittoria dei fan delle province). Passa da 40 a 70 giorni il tempo concesso ai consigli delle autonomie locali per scegliere gli accorpamenti, e ogni decisione dovrà poi essere vagliata dalle Regioni e trasmessa in un piano complessivo al governo che avrà tempo per valutare le proposte e suggerire eventuali correzioni. Non ci saranno dunque i fondali marini, ma alla fine ha vinto davvero la linea D’Alì...

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