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I sei errori che ci hanno portato sull'orlo del baratro

Il ruolo delle banche e i rapporti con i governi, la spesa pubblica, e il progetto europeo: radiografia della crisi
di Lucia Esposito domenica 29 luglio 2012

2' di lettura

  Il rapporto politica e banche, il ruolo delle politiche sociali, i prestiti concessi con nonchalance: in un lungo editoriale pubblicato domenica 22 luglio dal Corriere della Sera, gli economisti Alberto Alesina e Francesco Giavazzi mettono a fuoco quelle che a loro avviso sono stati le debolezze che hanno determinato la pesante crisi finanziaria che stiamo vivendo. Individuano sei errori. Secondo i due editorialisti le crisi finanziarie, soprattutto, quelle scatenate da aumenti ingiustificati nei prezzi delle case producono quando la bolla poi scoppia, recessioni molto lunghe. Le banche, dopo aver concesso mutui con grande leggerezza, senza chiedersi se il cliente sarebbe stato in grado di sostenere le rate, subiscono perdite ingenti e debbono ricapitalizzarsi. Ma trovare capitali privati non è facile e, a quel punto, il debito eplode esattamente come è accaduto negli Stati Uniti, in irlanda e in  Spagna.  Secondo Giavazzi e Alesina, inoltre, l'esempio del Giappone e il programma fiscale di Barack Obama sono la prova che non bisogna illudersi: per riprendere a crescere non basta un po' di spesa pubblica. Il Giappone per anni ha investito in porti, metropolitane, altà velocità ma ild ebito puibblico si è triplicato e la crescita non è mai arrivata.  Banche e politica Il terzo errore da evitare, secondo Alesina e Giavazzi, è la commistione tra banche e politica. Un'altra medicina che potrebbe risanare il sistema finanziario. Bisogna ridurre il potere dei politici sul sistema finanziario e l'influenza dei banchieri sui governi. E citano l'esempio delle Caixas spagnole: se il governo di Madrid non le avesse protette fino all'ultimo negando che fossero tutte fallite, forse oggi la Spagna sarebbe in una situazione meno drammatica. Il quarto errore è quello di pensare che l'euro si salverà con scorciatoie e tappabuchi come gli eurobonds. "Affidare il salvataggio dell'euro alla speranza che le "formiche del Nord" salvino "le cicale del Sud" socializzando i loro debiti è ingiusto, politicamente impossibile, ma soprattutto non servirebbe a nulla".  Alesina e Giavazzi spiegano che un salvataggio che senza una maggiore integrazione politico-economica dell'eurozona servirebbe solo a dare alle cicale la possibilità di rimandare riforme già troppo a lungo procastinate. L'euro si salva solo con un piano di medio termine di integrazione bancaria, fiscale e politica dell'eurozona.  Consiglio agli italiani Gli italiani sbagliano a pensare che basta ridurre gli sprechi per uscire della crisi. "Bisogna evitare che dei servizi pubblici gratuiti beneficino anche i ricchi e non solo le famiglie indigenti. Occorre ridurre le tasse su chi produce, serve una rivoluzione del nostro stato sociale, non solo semplici ritocchi. Infine, la giustizia sociale va garantita creando il più possibile pari opportunità per tutti.  

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