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La casta rossa non paga: Bersani ha un partito al verde

Nonostante il rimborso il Pd ha un buco di 43 milioni. Gli eletti non versano la quota. Minaccia: fuori chi non caccia i soldi
di Giulio Bucchi domenica 15 aprile 2012

3' di lettura

La casta rossa non scuce, e così il partito di Pierluigi Bersani si aggrappa con tutte le sue forze ai soldi presi - senza chiedere permesso - dalle tasche degli italiani. Il tesoriere del Pd, Antonio Misiani, piange miseria: nonostante un finanziamento pubblico 2008-2013 di poco inferiore ai 250 milioni di euro, il suo partito si troverebbe in rosso di 43 milioni di euro. Si è mangiato i soldi degli italiani per dare in cambio i clamorosi risultati di efficienza che la classe politica - Pd compreso - ha mostrato in questi anni, ed ha acceso pure debiti. Così, con una sincerità che gli va riconosciuta (altri tesorieri non la mostrano), Misiani ha corretto le boutade del suo capo. Bersani si era messo le mostrine sul petto annunciando la rinuncia alla prossima rata di contributo (180 milioni da dividere fra tutti a luglio)? Misiani ha messo uno stop al suo segretario: «Nossignore, qui non si rinuncia a nulla», altrimenti il Pd è costretto a portare i libri in tribunale. I soldi degli italiani dunque non li mollano. Anche perché altre entrate non arrivano: quando si parla di soldi sono i militanti ad avere mollato il Pd. E la sorpresa è che in molti casi l’hanno fatto pure gli eletti: la casta rossa. Basta sfogliare i bilanci delle unioni regionali o provinciali del partito di Bersani per capire come ovunque si registri lo stesso identico pianto (fatta eccezione per la rossa Emilia e la Campania, dove tutti pagano senza fiatare). Il regolamento finanziario del Pd - modificato in senso draconiano di recente - impone a tutti gli eletti e perfino ai nominati (quelli che ottengono incarichi pubblici su indicazione del partito) di retrocedere una parte dei propri stipendi e indennità a titolo di finanziamento dell’attività politica. I Parlamentari nazionali debbono versare una quota al Pd nazionale e poi una piccola quota alla federazione territoriale di competenza. Quota più pesante sul territorio (le regole variano un po’) per consiglieri regionali, provinciali e comunali oltre che per tutti i nominati. Il problema è che spesso non lo fanno: versano qualche mese, poi smettono. E lo fanno soprattutto quando si arriva alla fase finale dei mandati elettivi e vedono che butta male. Qualche esempio? Il Pd del Piemonte inserisce nello stato patrimoniale crediti non riscossi dai candidati per le regionali 2010 per 73.600 euro, più crediti da 17.500 euro verso candidati alle politiche del 2008 e ancora 74.050 euro di crediti verso «assessori e consiglieri regionali». Il Pd sardo annuncia nel suo bilancio di avere incrementato del 25% la richiesta ai consiglieri regionali, che passa da 1.200 a 1.500 euro mensili, mentre ai parlamentari è stata chiesta una contribuzione di 300 euro mensili. Con un eufemismo annotano: «Pur tra tante difficoltà, il livello di contribuzione degli eletti è migliorato ed orientato verso condizioni di regolarità, anche se permangono alcune partite pregresse da saldare». Il Pd dell’Abruzzo ha minacciato liste di proscrizione per gli eletti che continuano a non pagare il dovuto. Il tesoriere delle Marche ammonisce «quanti non hanno ancora provveduto a versare la contribuzione mensile dovuta al Pd», aggiungendo: «Alla direzione regionale faccio presente che nei prossimi giorni agli interessati verrà inviata una lettera di sollecito firmata dal tesoriere nazionale e dal sottoscritto. Nei confronti di quanti non provvederanno a regolare la loro posizione si applicheranno le norme statutarie e se necessario si percorreranno anche le vie legali». Siamo dunque arrivati alla carta bollata contro la casta rossa. Nel Veneto addirittura scende in campo il collegio dei revisori dei conti, che nella relazione che accompagna l’ultimo bilancio pubblico del Pd evidenzia «la necessità di riscuotere il residuo credito di competenza 2008 verso un parlamentare, che alla data odierna non è ancora stato incassato. Evidenzia inoltre la necessità di una maggiore puntualità da parte dei consiglieri regionali nei loro versamenti mensili».   Il Pd di Livorno ha dovuto rivedere al ribasso per il 2012 le previsioni di entrata per i contributi della casta rossa, ma ha avvertito tutti: «Sarà pubblico l’elenco di coloro che - secondo il codice etico del partito risultano in regola con i pagamenti. Per coloro che invece saranno inadempienti il Pd ha deciso di adottare la regola della non candidabilità». di Franco Bechis

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