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Diliberto alla canna del gassi vende pure la vecchia Croma

Senza lo straccio di un seggio a Roma e a Strasburgo, i Comunisti italiani hanno le tasche vuote: 22 dei 24 dipendenti in cassa integrazione
di Matteo Legnani sabato 30 giugno 2012

2' di lettura

Non ce l’ha fatta a entrare nel parlamento nazionale nel 2008, niente seggi alle europee 2009. Così Oliviero Diliberto, leader del partito dei comunisti italiani, è restato quasi a secco dell’unica benzina che fa girare il motore dei partiti politici: quella del finanziamento pubblico e dei rimborsi elettorali. Il Pdci ha chiuso il bilancio 2011- pubblicato ieri- con una perdita di 395.463 euro riassorbita da quel poco di avanzo patrimoniale che ancora c’era per i fasti del passato. Ma per non chiudere definitivamente baracca e burattini Diliberto ha dovuto vendersi se non l’argenteria di famiglia, qualcosa di molto simile. Addio alla comoda Nuova Croma intestata al partito e utilizzata ancora in qualche campagna elettorale. Il Pdci è riuscito perfino a realizzare con la vendita una plusvalenza da 4 mila euro, che è andata a limitare i danni in bilancio.  Ma la separazione più dolorosa è avvenuta a Ferrara, dove Diliberto ha dovuto vendere un appartamento in via Mortara 52. Ha realizzato una plusvalenza di 172.800 euro rispetto ai 242.426 euro ancora segnati in bilancio, ma certo ha dato un dispiacere grande a una generosa militante comunista, Delia Oppo, che se ne era privata donandolo al partito e sperando in ben altro destino. Il tesoriere del Pdci, Roberto Soffritti, ha colto comunque l’occasione per «ringraziare ancora una volta la signora Oppo che crede nei nostri valori e generosamente si batte per offrire al partito la possibilità di continuare ad esistere». Senza grandi entrate pubbliche (arrivano ancora poco più di 600 mila euro l’anno per vecchie regionali), Diliberto ha dovuto tagliare i costi fissi del partito, che si sono dimezzati nell’ultimo anno. A farne le spese sono stati soprattutto i 24 dipendenti ancora in forza, visto che per 22 di loro la scelta è stata quella della cassa integrazione. Il partito invece resta in piedi e si è pure trovato una nuova sede nazionale a Roma a due passi da Villa Borghese, in corso Italia 19, grazie a una fidejussione di Banca Carige che garantisce sulle rate di affitto. Al resto ci penserà quel che resta dei rimborsi pubblici. Con tanto di ringraziamenti a Pierluigi Bersani cui si «riconosce lo sforzo di avere imposto il principio della necessità di non cancellare il finanziamento pubblico per i partiti». Salvando la casta Bersani ha salvato anche Diliberto. Che non se lo dimenticherà… di Ric Foscheban

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