L’articolo di martedì era titolato «tanto tuonò che piovve» in riferimento alle nefandezze perpetrate dalla Giustizia Sportiva su Calciopoli. Dopo la testimonianza di Tavaroli, possiamo dire tranquillamente che adesso «grandina». Di fronte ad affermazioni così nette e decise, dette sotto giuramento, c’è poco da arzigogolare, significa che Moratti non ha detto il vero. L’«operazione ladroni», i dossieraggi illegali sull’arbitro De Santis, il sottoscritto, le utenze Juve e quant’altro, fu tutto commissionato direttamente dal patron dell’Inter e rinviato a Facchetti solo per i dettagli operativi. Tavaroli, l’ex capo della security Telecom, l’aveva più volte dichiarato, noi avevamo avvertito dell’esistenza di uno spionaggio industriale ancor prima che venisse fuori la bufera Telecom, nessuno di noi fu creduto, meno che mai dalla Figc e dal procuratore Palazzi: ora dovrebbero spiegare perché hanno giudicato come verità le bugie di Moratti senza tenere conto di chi lo chiamava ripetutamente in causa con narrazioni di fatti precisi, dettagliati e mai contestati. L’«operazione Ladroni» risale alla fine del 2002, ben prima delle indagini di Napoli, quelle monitorate ad personam e a nostro esclusivo riferimento da Auricchio e Company, che vollero vedere nelle utenze riservate il passepartout di chissà quali magagne ed erano invece un tentativo di difendersi da chi spiava in maniera abusiva e illecita fatti commerciali e di mercato della Juve. Che fosse solo una difesa della politica aziendale l’hanno dimostrato prima la sentenza sportiva Sandulli («non c’è traccia di partite alterate») e successivamente le motivazioni del processo ordinario di primo grado («campionato regolare , sorteggio regolare»). Ma anche loro (Moratti e Tronchetti), nonostante il grande dispiego di mezzi per cercare “fatti” che non esistevano, avevano capito che tutto era regolare, ma tacevano la verità perché, come dice una celebre canzone «la verità fa male». Non si leggono finora reazioni di Moratti, le vediamo difficili. Quelle dichiarazioni sono un duro scorno per chi si è ammantato sempre dalla figura di Ottimo e Massimo, nascondendosi tutte le volte in cui ha portato l’Inter e se stesso oltre la legalità. Per chi non lo sapesse c’è stato anche un risibile tentativo contenuto in una memoria difensiva, «se c’è stato qualcosa, l’ha fatto Facchetti, che però non ne aveva le deleghe». Così intaccata la figura in precedenza sempre corazzata del dirigente dell’epoca e nessuna reazione da parte del figlio, sempre causidico in altri casi. Gli sviluppi del processo sono uno svegliarino per Palazzi da una parte e per Abete dall’altra. Significa che le conclusioni prese nel giugno 2007 dal procuratore federale, archiviazione del procedimento per «la non emersione a carico dell’Inter e dei suoi dirigenti di fattispecie di rilievo disciplinare procedibili ovvero non prescritte» e anche per improcedibilità per la prematura scomparsa di Facchetti, allora indicato come il principale tramite dell’operazione ladroni, non sono corrette ed impongono un giudizio di revisione in sede sportiva per il ruolo ora definito di Moratti, quale “mandante” smascherato dei dossieraggi. Ad Abete ricordiamo la frase dell’etica che non va in prescrizione. Se è così, il presidente della Figc ha il dovere di riprendere in mano tutta la pratica. Su Carraro che ha fatto un richiamo ad Agnelli sui 28 scudetti e non 30, ma che nella realtà ha voluto fare piaggeria alle tesi di Blatter, ci limitiamo a dire che chi si è salvato da Calciopoli nella maniera che sappiamo (è sempre quello che ebbe a dire al designatore «mi raccomando che non si aiuti la Juve, per carità di Dio» - e ancora «bisogna aiutare la Lazio fin dalla prossima domenica») avrebbe fatto bene a starsene zitto. Su una cosa possiamo convenire: la Juve non patteggiò la pena da un punto di vista formale,ma in misura sostanziale sì, per bocca dell’avv. Zaccone. Quella posizione significò mancata difesa e fu un grande sbaglio. E se l’Inter ha potuto sconfinare nell’illecito (così configurato da Palazzi) ammantandosi nello stesso tempo dei panni dell’onestà, così facendosi assegnare anche uno scudetto di cartone, ciò è avvenuto sempre in conseguenza di quella mancata difesa della Juve che, così facendo, espose i suoi dirigenti alla gogna. Il risultato è quello che sappiamo, potrebbe correggerlo solo una Figc capace di riconoscere i propri errori... Dice JU29RO: «Le parole di Tavaroli sono uno schiaffo alla credibilità dei vertici della Figc, uno schiaffo alla credibilità di tutto il sistema, un sistema che archivia o condanna in base al colore della maglia». Che fine ha fatto l’etica?