Oggi Roberto Maroni è «il bene della Lega», domani chissà. Umberto Bossi sorprende tutti. Dopo due giorni di gelo si presenta a un comizio di Bobo a Besozzo, Varese, per la felicità del padrone di casa Fabio Rizzi, sindaco e parlamentare. Il Senatur parlotta un po’ con l’ex ministro dell’Interno dietro il palco. Poi lo incorona: «Maroni è il bene della Lega». Domanda: se si candidasse al congresso federale lo voterebbe? «Io voto per il bene della Lega e lui è il bene della Lega». Maroni incassa una vittoria piena, in quello che il sindaco Rizzi ribattezza «patto del risotto verde», evocando la sua specialità di cui sono ghiotti alla festa locale del Carroccio. Fosse vero, Maroni ne deve aver ingurgitato a chili per placare la rabbia che l’aveva colto da mercoledì, dopo la notizia (pubblicata da Panorama) degli spioni mandati alle sue calcagna dal già tesoriere Francesco Belsito. Umberto sapeva? No che non sapeva, aveva spiegato il presidente del Carroccio dopo più di 24 ore dal terremoto. Ma Maroni voleva sentirselo dire in faccia. Ieri è stato accontentato, e coi suoi s’è detto piacevolmente sorpreso. Soprattutto perché venerdì sera - ad Arese - il Senatur aveva fatto un comizio circondato da truppe del Cerchio magico. Invece, a Besozzo, spunta il Bossi che non t’aspetti. Con Bobo, lontano da orecchie indiscrete, conviene che le ricerche di Belsito erano state avviate per screditare l’ex ministro dell’Interno e rompere il movimento. Davanti ai militanti, il vecchio capo osserva: «I dossier erano stati fatti per creare una stagione di veleni, metterci contro, me e Roberto, e rompere la Lega ma anche questa manovra tutta romana e centralista fallirà». Certo, la strada non è in discesa. Bossi si aspetta ancora «qualche trabocchetto», e aggiunge che anche «i giornalisti vogliono rompere la Lega». Fa niente, l’importante è che «oggi la Lega si compatta e torna la forza politica principale del Paese» gongola il Senatur. Calma però: «Un po’ ci vergognavamo di quello che è accaduto, ma la gente ha capito, ha capito anche che se qualcosa è andato storto è perché c’è stato un raggiro». Bossi si prende le sue responsabilità e ripete che ha lasciato la poltrona di segretario «con un sentimento di vergogna». E poi: «La mia colpa è aver fatto entrare i miei figli nella Lega troppo presto». Domani Belsito sarà interrogato dai magistrati, ma ieri ha parlato al Tg 5 delle 20. Ha smentito il dossier anti-Maroni (ma solo perché non gli piace il termine), ma d’altronde se un tizio è limpido «non ha nulla da temere» se qualcuno gli fa le pulci. Poi ha giurato di non aver usato i soldi del movimento per farsi gli affari suoi: «Penso di aver fatto il buon amministratore. Ero il tesoriere e quindi il custode. La documentazione risulta dagli atti, erano delle fatture intestate alla Lega. Non è neanche vero che avessi intenzione di fare investimenti in Argentina». Per questo, aggiunge Belsito, «mi sento tranquillo, sereno. Io capro espiatorio? Diciamo che nell’ultimo periodo qualcuno accomuna la figura del tesoriere a quella di un personaggio che quando ci sono delle colpe, queste colpe sono tutte sue». Maroni, dicevamo, è il vincitore di giornata. Soprattutto perché, nelle ultime ore, era partita l’offensiva del Cerchio magico che voleva Bossi alla tradizionale batelada (cioè gita in barca) del Sindacato padano sul lago Maggiore, in occasione del Primo maggio. Insieme all’ormai ex leghista Rosi Mauro. Vicina di casa - a Gemonio - del Senatur. Il pressing continua, ma il momento sorride a Bobo. Che giura: «Stiamo facendo e continueremo a fare le pulizie finché non sarà sistemato tutto». Però, è il coro dei barbari sognanti di Maroni, «bisogna tenere gli occhi aperti». L’ex ministro gongola: «Ieri pioveva, oggi c’è il sole e lo abbiamo fatto uscire noi». Poi insiste: «Se rimaniamo compatti e uniti non ce ne è per nessuno». Difficile ricomporre i pezzi tutto d’uno botto, però. E infatti Lorenzo Bodega, senatore cerchista che ha lasciato il gruppo padano dopo l’espulsione della Mauro, picchia duro: «Bisogna avere le palle per prendere certe decisioni come uscire dalla Lega. Io ho le palle, altri no. Maroni? Un opportunista, uno come tanti che adesso fanno le verginelle. Come faceva a non sapere dato che era sempre nella sala di comando?». Schiaffi che, a la Zanzara su Radio24, ha mollato a ripetizione: «Viva la Mauro, viva i terroni nella Lega, sono sicuro che non ha preso un euro dal partito. È solo una resa dei conti, una lotta per il potere». Per il cerchista il problema è quindi uno e si chiama Bobo. «Come si fa a trattare Bossi in quel modo? Mentre il capo piangeva sul palco, Maroni a Bergamo rideva con la ramazza in mano. Lui spiato? E per cosa? Non ci credo, è una bufala. Non ha carisma, con lui la Lega si spacca e al massimo arriva al quattro per cento». Butta acqua Roberto Calderoli, che pure galleggia tra Cerchio magico e maroniani. «Vedere Bossi e Maroni insieme sul palco è stato un altro bel segnale». Poi rivela: «Mi volevo dimettere ma Bossi e gli altri triumviri (Maroni e Manuela Dal Lago, ndr) mi hanno detto di restare». di Matteo Pandini