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Napolitano trasforma Monti nel badante di Bersani

Il Capo dello Stato sa che con questa legge elettorale il segretario del Pd andrà a Palazzo Chigi. E vuole SuperMario al Quirinale per rassicurare i mercati
di Andrea Tempestini domenica 25 novembre 2012

3' di lettura

Giorgio Napolitano ha messo Mario Monti in panchina. Invece di schierarlo in attacco alle prossime elezioni, il capo dello Stato preferisce destinarlo al ruolo di riserva a bordo campo: nel caso qualcosa andasse storto, l’ex rettore sarà pronto a giocare la partita di ritorno, ancora una volta nella posizione di presidente del Consiglio. Così, sulle prime si era capito. Ma poi è intervenuto Pierluigi Bersani a rendere più chiaro il pensiero dell’inquilino del Colle ed essendo il presidente un suo ex vecchio compagno di partito, diciamo che il segretario del Pd ha qualche titolo per trasformarsi in portavoce di nonno Giorgio. Anche perché Pier Luigi è il beneficiario ultimo dell’intervento del capo dello Stato. Il quale, con le paroline che si è lasciato sfuggire ieri di bocca, a quanto pare ha indicato il suo successore, l’uomo che nella primavera prossima dovrà prendere il suo posto. I giochi sembrano fatti. La legge elettorale è ormai lettera morta e quindi il tentativo di scippare alla sinistra il premio di maggioranza è abortito. Alle urne si andrà con il sistema attuale e per il Pd e i suoi compagni di Sinistra e libertà sarà una pacchia, in quanto con il solo 35 per cento (è questa la percentuale che oggi i principali sondaggi attribuiscono a Bersani e Vendola) i progressisti si ritroveranno il 55 per cento dei seggi. L’opposizione sarà ridotta in mille coriandoli, a cominciare da Pdl e Movimento Cinque Stelle, per passare poi alla Lega, all’Udc, all’Italia dei valori (ammesso e non concesso che quando sarà il momento di votare il partito di Di Pietro sia ancora vivo). A tranquillizzare i mercati, che certo non vedrebbero di buon occhio il governo dell’Italia in mano a un comunista con l’orecchino e a un ex comunista riciclato, dovrebbe pensare l’uomo in panchina, che silurato ieri dal presidente della Repubblica con la sibillina frase riguardante lo status di Monti («Non può candidarsi, è già senatore a vita e dunque non eleggibile»), potrebbe risorgere dalle acque come inquilino del Quirinale.  Monti sul Colle, Bersani a Palazzo Chigi, Vendola vicepremier con delega alla famiglia: questo il futuro da incubo che si delinea nei prossimi mesi, dopo che i sogni di gloria di Pier Ferdinando Casini e Luca di Montezemolo, ma anche di Andrea Riccardi e di tanti tecnici montiani, sono stati spazzati via dall’intervento del capo dello stato. Altro che lista del premier (come sperava il leader della Cisl Raffaele Bonanni). Basta col Partito per l’Italia, come avrebbero voluto il capo dell’Udc e il suo gregario Gianfranco Fini. Stop ai sogni di Italia Futura, per lo meno come li aveva immaginati il presidente della Ferrari. Nessuno potrà nascondersi dietro il nome di Monti. E il professore dunque dovrà astenersi dal prendere parte direttamente alla campagna elettorale, restando appunto in panchina. L’arbitro in questo modo ha fatto un gran favore alla squadra con la maglia rossa, la sua, la quale si vede agevolata dalla messa a bordo campo del suo più temibile avversario, l’unico che avrebbe potuto batterla. Con Monti appoggiato dal centro e forse anche dal centrodestra, il presidente del Consiglio avrebbe avuto gioco facile a sconfiggere il candidato della sinistra. Piuttosto che avere un ministro dell’Economia influenzato da Vendola e dalle sue ricette economiche, i voti dei moderati sarebbero confluiti sull’ex rettore. Partita chiusa dunque? Tutto già deciso? A parole sì, ma c’è da giurare che le vecchie lenze democristiane, cominciando da Casini per finire alle volpi che si nascondono nel Popolo della libertà, non si faranno mettere in gabbia tanto facilmente. È vero che il Quirinale ha detto la sua e Bersani l’ha applaudito, ma negli ultimi minuti del secondo tempo il risultato potrebbe ancora essere ribaltato. L’Udc, il Pdl, e forse anche la Lega, cioè tutti i partiti che rischiano di finire in fuori gioco si batteranno pur di cambiare le regole e impedire una vittoria piena della sinistra e di conseguenza la loro collocazione ai margini delle decisioni. Come abbiamo spiegato già altre volte, i centristi vogliono essere il perno della nuova maggioranza e per diventarlo sono pronti a giocare duro. Bersani si sente la vittoria in tasca. Ma prima che il fischietto decreti la fine della partita, è probabile che se ne vedano delle belle, in particolare nelle prossime settimane. Buon divertimento. Visto che grazie a Monti ci tocca piangere, almeno tiriamoci su il morale con gli sgambetti della politica. di Maurizio Belpietro

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