di Franco Bechis Sono arrivati a Libero più di cento bilanci dei gruppi consiliari di Regioni e province italiane dal Friuli alla Sicilia. Ma i principali leader di partito sui conti più misteriosi che ci siano, quelli che finanziano i gruppi di Camera e Senato, (più di 70 milioni di euro ogni anno), non mollano: segreti erano e segreti devono restare. Alla richiesta di vedere i bilanci 2011 dei loro gruppi nessuno ha risposto formalmente no. Semplicemente in sette giorni non si sono degnati di alcun tipo di risposta, nemmeno se sollecitati. Solo 3 hanno aderito alla richiesta di trasparenza trasmessa da Libero: il capogruppo del Pdl al Senato, Maurizio Gasparri, il capogruppo del Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto e il capogruppo di Coesione nazionale a palazzo Madama, Pasquale Viespoli (il primo a rispondere). Tutti e tre hanno annunciato l’invio del proprio bilancio per la prossima settimana, e naturalmente li abbiamo presi in parola. Nessuna risposta invece dai gruppi che fanno riferimento a Pier Luigi Bersani, Pier Ferdinando Casini, Gianfranco Fini, Antonio Di Pietro e Roberto Maroni. I dirigenti locali dei loro partiti hanno mostrato di rendersi conto dello scandalo suscitato nell’elettorato da quanto accaduto nella Regione Lazio, e al grido «Io non sono come Fiorito» hanno immediatamente inviato bilanci anche dettagliati che stiamo ogni giorno caricando sul sito internet www.liberoquotidiano.it dove costruiremo grazie alla loro collaborazione una sorta di banca dati della trasparenza sui costi della politica, con i documenti originari che ci stanno trasmettendo da ogni regione e da ogni provincia. Ma se chi fa i conti con le preferenze ed è abituato ad avere contatti con gli elettori sul territorio si rende conto dell’impossibilità di chiudersi nel bunker in cui finora si erano messi, i leader nazionali parlano in un modo e razzolano in tutt’altro. Un po’ grazie alla nostra iniziativa, un po’ naturalmente per il pressing di opinione pubblica e magistratura da quando abbiamo inviato quella richiesta di trasparenza, molti gruppi e intere comunità politiche hanno aderito inviando i documenti e mettendoli on line loro stessi a disposizione di tutti. Qualcuno lo faceva già a macchia di leopardo (tutti gli eletti del Movimento 5 stelle, qualche eletto di Idv e Sel, l’intera Regione Abruzzo, solo in parte anche la Regione Emilia Romagna), gli altri no. Alla richiesta di Libero hanno aderito quasi tutti i gruppi politici sul territorio. Chi ha inviato più bilanci territoriali è stato il Pdl, evidentemente il partito più tramortito dallo scandalo Fiorito e desideroso di mostrare un altro volto ai suoi delusissimi elettori. Secondo in classifica l’Italia dei valori di Antonio Di Pietro, da cui abbiamo ricevuto non solo i bilanci ma in qualche caso anche le singole busta paga (gruppo regionale del Veneto) o addirittura l’elenco dettagliato delle fatture pagate (decine di pagine inviate dal gruppo della Regione Toscana). Terzo partito che ha aderito alla campagna «fuori i conti» è stato il Pd, seguito poi da Sel, da Lega, da liste locali e solo in fondo da Udc e Fli, i partiti in assoluto più refrattari alla trasparenza a livello locale. Dopo la sceneggiata fatta in Parlamento sulla certificazione dei bilanci dei gruppi (loro hanno chiesto di evitarla, poi di fronte allo scandalo hanno cambiato le carte in tavola puntando il dito contro altri non colpevoli), ci si sarebbe attesi da Bersani, Casini, Fini e anche Di Pietro la stessa apertura alla trasparenza che il Pdl ha mostrato in Parlamento. Invece no, più dello scandalo dei loro elettori conta mantenere il segreto più ferreo su quelle spese milionarie e a questo punto dobbiamo ritenere inconfessabili. Non avrebbero dovuto nemmeno aspettare la richiesta di Libero e mettere loro on line tutti i conti dopo quanto accaduto. Invece tirano giù la saracinesca e, anzi, querelano Libero come ha appena fatto il presidente della Camera per avere rivelato agli italiani quale è il suo stipendio mensile. Che peraltro sono loro a pagargli...