Roma, 4 nov. (Adnkronos/Cinematografo.it) - "Questo film è dedicato ai "perdenti" che sognano di stare con la bella del primo banco ma pensano di non poterci riuscire mai, a quei ragazzi italiani che si vergognano un po' della loro sensibilità, si rifugiano nel gruppo per non rivelare di essere fragili ma poi non sanno come gestire questa fragilità e come mostrarsi". Così Paolo Ruffini su Fuga di cervelli, con cui il comico di Colorado, anche interprete, debutta alla regia. Siamo a Torino (La Film Commission Piemonte è nel progetto), Emilio (Luca Peracino) è il classico nerd, goffo e innamorato di Diana (Olga Kent) dall'età di sei anni. Timido fino all'inverosimile e protetto da una combriccola sgangherata di amici - un non-vedente, un paraplegico, un fattone à la Lebowski e un ottuso studente di filosofia - la sua missione di conquista è disperata. Tanto più che Diana ottiene una borsa di studio ad Oxford e lascia l'Italia. Ma Emilio non si dà per vinto e con un "trucco" riesce ad entrare nell'esclusivo college inglese. Il problema è che con lui partono anche tutti gli altri. Politicamente scorretto, incline al turpiloquio e senza occhi di riguardo per le disabilità, Fuga di cervelli, il cui pubblico è per stessa ammissione dei suoi realizzatori quello dei ragazzi ("Ma di sfigati in giro ce ne sono tanti, anche tra i i 50enni", corregge Ruffini), è una sorta di college-movie all'italiana, che presta il fianco a critiche fin troppo facili sul buon gusto dell'operazione. Bacchettate "da fine anni novanta" le definisce Ruffini, che obietta: "Trovo più volgare prendersi troppo sul serio". (segue)