(Adnkronos) - Alla tradizione bizantina, che prevedeva infatti un volto frontale con il sorriso sereno della divinita' che sconfigge la morte, Giotto preferi' invece sostituire per la prima volta la raffigurazione di un vero uomo, sia nella resa naturale del corpo, che si piega sotto il peso delle membra, sia nella sofferenza del volto, reclinato sul petto in un abbandono doloroso. Come per la Croce di Santa Maria Novella, che presenta la stessa iconografia, la paternita' di Giotto per quest'opera e' stata a lungo discussa e si e' preferito piu' volte parlare di un anonimo giottesco o del "Parente di Giotto". Proprio grazie ai restauri eseguiti dall'Opificio delle Pietre Dure, si e' giunti invece alla piena approvazione dell'autografia di Giotto per entrambe le opere. L'applicazione delle indagini scientifiche e di studi accurati e preparatori al restauro ha contraddistinto il laboratorio di restauro sin dalla sua fondazione nel 1932 come Gabinetto Restauri della Soprintendenza fiorentina e rende oggi l'Opificio delle Pietre Dure di Firenze uno dei migliori istituti internazionali per il restauro.