Equitalia, come difendersi da rate, espropri e cartelle pazze

La guida per il contribuente: grazie al Decreto del Fare sale a 50mila euro la soglia per i pignoramenti delle case. Pagamenti dilazionati. E se il Fisco sbaglia...
di Giulio Bucchimercoledì 31 luglio 2013
Equitalia, come difendersi da rate, espropri e cartelle pazze
4' di lettura

Dallo scorso maggio, da quando è stato approvato il decreto del Fare, i cittadini hanno strumenti in più per difendersi da Equitalia. Due i pilastri su cui appoggiarsi. Il primo è un grande passo in avanti nella tutela della propria abitazione. La soglia di pignoramento è infatti stata alzata a 50mila euro e in nessun caso può esserci pignoramento se è avvenuta rateizzazione.   Il secondo pilastro è  la possibilità di gestire in modo più lasco le rateizzazioni. Di fatto, una opzione fondamentale per non trovarsi soffocati dal riscossore, come è successo a numerosi piccoli imprenditori. Soglia più alta - La novità importante delle ultime norme di governo sta nell’aver alzato  da 20mila a 50mila euro la soglia d’importo per ottenere la rateazione automaticamente. Cioè senza dover allegare alcuna documentazione per dimostrare una  situazione di difficoltà economica. Una manna dal cielo per chi non era più in grado di far fronte ai problemi ma non rientrava tra gli indigenti o gli aventi diritto. Una grande agevolazione se si pensa che all’atto della richiesta di rateazione è possibile anche proporre un piano di dilazione a rate variabili e crescenti anziché a rate costanti come un tempo.   Sopra i 50mila euro di debito la storia cambia.  Si può optare per le rate soltanto dopo aver presentato l’Isee (il certificato sulla situazione economica equivalente della propria famiglia).  Il mancato pagamento di una sola rata non determina la decadenza dalla dilazione. Soltanto nel caso in cui non vengano versate due rate consecutive, infatti, si perde il beneficio del rateizzo e il debito dovrà essere versato subito e  in un’unica soluzione. Per questo si può anche in un  secondo tempo,  se sopraggiunge un’ulteriore difficoltà  economica,  chiedere altre rate.   È  bene sapere che, a parte i debiti scaduti e precedenti il gennaio 2011,  il resto può essere compensato. Esempio Iva e Irpef o altre imposte. Debiti e crediti si possono incrociare purché ci sia un F24 (documentazione che attesta il pagamento o il credito) a dimostrarne l’esistenza. Molti preferiscono evitare rogne ma è bene sapere che è sempre possibile rivolgersi a un giudice ogni qualvolta si ritenga di essere vittima di errori. Tipo un  vizio di motivazione o una omessa indicazione del responsabile. In ogni caso, quando a un contribuente viene recapitata una cartella di pagamento  che risulta essere sbagliata, o addirittura vengono richieste somme già pagate con un  ravvedimento fatto di recente, è bene muoversi al più presto. Il cittadino che vuole contestare il contenuto e la somma da pagare scritta nella  cartella può infatti avvalersi dell’autotutela,  che è uno strumento utile sia per l’amministrazione finanziaria, sia per il contribuente. Serve a evitare il contenzioso. Con una domanda in carta semplice, si può presentare l’istanza segnalando l’atto per il quale si richiede l’annullamento con tanto di documentazione relativa  e, soprattutto, i motivi per i quali il contribuente chiede l’annullamento della cartella. Motivazioni che vanno dall’errore di persona, alla doppia imposizione, se l’Erario non ha tenuto conto di documenti fatti pervenire in data successiva. Infine se l’amministrazione finanziaria non ha computato pagamenti già versati. Ovviamente l’annullamento dell’atto illegittimo comporta automaticamente l’annullamento degli atti sequenziali e l’obbligo di restituzione delle somme riscosse.  Le scadenze - Per le cifre inferiori a 20mila euro vale invece l’istituto della mediazione tributaria. Inutile impugnare l’atto davanti alle Commissioni tributarie. In questo caso  prenderebbero in considerazione il  ricorso soltanto per dire che non può essere esaminato. Non è stato sufficientemente pubblicizzato, ma il decreto del Fare ha portato anche una buona notizia per chi da anni vive contenziosi tributari per debiti di natura tributaria o di altra natura, sia per contributi Inps, multe, contravvenzioni stradali, sanzioni di vario genere. Dalla fine del mese tutte le cartelle esattoriali non pagate di importo non superiore a duemila euro, comprese imposte, sanzioni e interessi, escluso l’aggio di riscossione, iscritte a ruolo prima del 31 dicembre 1999 devo essere annullate automaticamente. Motivo in più infine per stare attenti alle date di prescrizione delle cartelle è una sentenza che arriva da Salerno. Se Equitalia insiste a esigere pagamenti di cartelle dopo la scadenza significa che sta aggredendo il contribuente senza averne più alcun titolo. Per conoscere i tempi sarebbe bene andare a vedersi il DL 17 giugno 2005, n. 106 – (Disposizioni urgenti in materia di entrate) che introduce i termini, fissati a pena di decadenza,  entro i quali il concessionario deve  notificare  al contribuente la cartella di pagamento. Dopo addio, niente, nulla è dovuto.  Non solo. C’è chi ha chiesto i danni e in primo grado ha vinto. A Salerno un giudice ha spiegato che  Equitalia non solo deve ritenersi equiparata a qualsiasi creditore, ma soprattutto che in virtù di tale status ad essa  si applica l’art 10 dello statuto del contribuente  (legge 27.7.2000 n 212) il quale espressamente prevede che i rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria sono improntati alla buona fede. Per cui se i termini sono scaduti eppure chi fa riscossione insiste, si può andare da un giudice e far valere non il codice tributario bensì quello civile. Ripristinando parità tra Stato e cittadino. di Claudio Antonelli