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La tragedia sfiorata: Parmitano racconta gli attimi di terrore nello spazio

"Sono solo, l'acqua invade il casco e non sento più", scrive l'astronauta dell'Esa. Poi il sollievo, "è tutto ok"
di Francesca Canelli domenica 25 agosto 2013

2' di lettura

La missione Eva dell'astronauta Luca Parmitano poteva avere conseguenze tragiche, e lui lo sa bene. A più di un mese dall'incidente che il 16 luglio scorso ha costretto l'italiano a rientrare in fretta e furia nella navicella, Luca racconta sensazioni, paura e sollievo sul suo blog.  Il racconto - "La parte superiore del casco è ormai piena di acqua, e non so neanche se la prossima volta che respirerò dalla bocca riuscirò a riempirmi i polmoni di aria e non di liquido", scrive Parmitano, ricordando il momento in cui per un guasto l'acqua ha iniziato a invadere il suo casco. "A complicare il tutto - continua - mi rendo conto che non sono neanche in grado di capire in che direzione andare per rientrare all’airlock: riesco a vedere solo per poche decine di centimetri intorno a me, e non riesco a individuare neanche le maniglie che utilizziamo per muoverci intorno alla ISS".  Isolato e quasi sordo - L'acqua rendeva difficile la comunicazione con la Terra, coi compagni di missione Chris Cassidy, Shane Kimbrough e  Karen Nyberg. "Provo a contattare Chris e Shane: li ascolto mentre parlano fra loro, ma il volume è ormai bassissimo, li sento a malapena e loro non sentono me. Sono solo. Penso furiosamente a un piano d’azione. È fondamentale rientrare al più presto dentro", scrive ancora. Poi le istruzioni, prima Luca poi Chris, e il rientro in astronave: "Muovendomi con gli occhi chiusi, riesco a entrare dentro e a posizionarmi in attesa del rientro di Chris. Percepisco del movimento dietro di me, poi Chris fa il suo ingresso e basandomi sulle vibrazioni capisco che sta chiudendo il portello stagno". Infine i compagni lo circondano e il casco può essere rimosso. Luca non vede e non sente ancora per qualche minuto, gli passano asciugamani, gli danno pacche sulle spalle. Poi il sollievo, "sono salvo", anche se la missione non è andata a buon fine. E il gesto universale: è tutto ok.

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