Idem, una ministra in fuga

Mai visto un membro del governo affidare risposte politiche al suo avvocato. Ora Letta, che sa stare al momento, ha una sola strada: chiedere le dimissioni
di Giulio Bucchidomenica 23 giugno 2013
Idem, una ministra in fuga
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I meriti sportivi esentano dal rispetto della legge e dal pagamento delle tasse? Secondo il ministro delle pari opportunità a quanto pare sì. Josefa Idem in una conferenza stampa convocata ieri a Palazzo Chigi, alla presenza del suo avvocato (non sapevamo che una rappresentante delle istituzioni per incontrare i giornalisti avesse bisogno di farsi assistere da un legale: lo abbiamo appreso ieri) ha spiegato che lei è un’atleta, non una commercialista e dunque non si sente colpevole di alcunché. Neanche di essere vissuta in una palestra fantasma fatta passare per prima casa. Neppure di non avere, con una furbata, evitato di pagare l’Ici. La tesi è singolare, soprattutto perché sostenuta da una componente del governo. Chiunque, anche un semplice cittadino e non un ministro, sa che la legge non ammette ignoranza. Che si sia esperti o meno di tributi e di regolamenti edilizi, se non si versa il dovuto e non si rispettano alla virgola le norme urbanistiche vigenti si finisce nel mirino del Fisco e degli agenti municipali che vigilano sugli abusi. Per errori magari fatti dal tributarista o per dimenticanze del geometra si passa dunque per evasori o speculatori immobiliari. Tutti gli italiani ma non il ministro Idem. La quale invoca la propria estraneità ai fatti, dicendo che non si occupa di questi dettagli, perché lei è impegnata a conquistare medaglie. Non si capisce perché altrettanto non abbiano sostenuto  Valentino Rossi quando gli fu contestata la residenza a Londra o Luciano Pavarotti quando fu accusato di fingere di avere la residenza nel principato di Monaco. Sarebbe bastato sostenere di non occuparsi di fisco, ma di moto e gorgheggi, e tutto si sarebbe magicamente aggiustato senza alcuna rottura. Immaginiamo che la giustificazione d’ora innanzi valga anche per chi si dimentichi di adempiere ai propri obblighi: gli evasori dunque sono avvisati. Per la ministra sportiva basta dichiararsi in buona fede per chiudere ogni contestazione. Sono onesta, punto e basta, ha detto senza ammettere repliche. Soprattutto senza ammettere domande. Così gli interrogativi posti dai giornalisti convocati per chiarire la vicenda sono stati solo due, perché la Idem non solo ha affidato le risposte al suo legale, ma a un certo punto ha anche deciso che quello che aveva detto era sufficiente per chiarire la strana storia della prima casa che non era prima ma seconda e della palestra fantasma che c’è ma non per il comune. Peccato perché la chiusura anticipata della conferenza stampa è avvenuta proprio quando toccava al cronista di Libero fare le domande e, dato che il nostro giornale ha dedicato tempo e spazio al caso della campionessa diventata ministro, di interrogativi ne avevamo un certo numero.  Tanto per cominciare avremmo voluto sapere se lei fosse a conoscenza che, per quella che ha definito la sua palestra personale e non un impianto sportivo aperto al pubblico, era previsto, per accedervi, il pagamento di una quota mensile, pari più o meno all’abbonamento che ognuno è costretto a sostenere se vuole tenersi in forma.  Sapeva? E se sapeva è in grado di dirci chi incassava? Era a conoscenza il ministro che in quella che lei definisce una struttura privata, come la biblioteca di un professore, erano impiegati dei personal trainer i quali assistevano i clienti della palestra? Chi pagava questi signori e perché? Ma se i locali erano in uso alla campionessa per i suoi allenamenti, perché su un opuscolo dell’assessorato allo sport del comune di Ravenna - assessorato che per sei anni è stato retto proprio da Josefa - la palestra di famiglia era segnalata come un impianto aperto al pubblico?  E a proposito del ruolo politico svolto dall’olimpionica nella sua città prima di diventare ministro, nei giorni scorsi abbiamo riferito della grande quantità di assenze della signora, la quale disertava la giunta perché impegnata nelle competizioni sportive. Ora però risulta che poco prima di divenire assessore la Idem fu assunta dal marito nell’associazione sportiva da lui fondata. Questo ha comportato per il Comune di Ravenna il pagamento dei contributi previdenziali in luogo del consorte del ministro, perché la legge dice che chi ha incarichi pubblici è a carico del contribuente. Sempre naturalmente che abbia un lavoro regolarmente retribuito. Guarda caso il lavoro Josefa lo trovò appena prima di diventare assessore e lo perse subito dopo aver lasciato l’incarico in Comune. Che curiosa coincidenza. Anche questa naturalmente non significa nulla, perché la signora è un’atleta, mica una commercialista. E se si hanno tante medaglie d’oro sul petto ce ne può stare anche una di bronzo che certifichi l’ignoranza. Della legge, ovvio. Chi però non può nascondersi dietro la non conoscenza delle norme, fiscali e urbanistiche, è il premier Enrico Letta. Lui non è un canoista, ma un politico di lungo corso nonostante la giovane età. Egli sa bene che la conferenza stampa di Josefa Idem non ha spiegato nulla ma ha alimentato altri dubbi sul suo operato. Lui sa che un ministro non può dire non sapevo e chi lo ha detto ne ha poi tratto le inevitabili conseguenze. La signora delle pari opportunità invece dichiara di assumersi ogni responsabilità di quanto successo, ma non molla la poltrona. A questo punto tocca al premier assumersi la responsabilità di capo del governo e liquidare l’olimpionica. Lo faccia con garbo, come si fa con le signore e per di più con una campionessa, ma lo faccia. Per il buon gusto questa faccenda è durata anche troppo. di Maurizio Belpietro