Premio E' Giornalismo, Aneri: "De Gregorio e Gruber le stordisco col vino. Telese triste dentro"

Il fondatore del riconoscimento dà i voti alla stampa italiana: "Guzzanti e Rossella i più narcisi. Come Mentana, che però mi piace. Berlusconi è un Amarone, Bersani una birra..."
di Selvaggia Lucarellidomenica 29 settembre 2013
Conchita De Gregorio

Conchita De Gregorio

5' di lettura

È più simpatico e meno diplomatico di molti giornalisti, il fondatore del premio 'È giornalismo' Giancarlo Aneri. E diciamo che un sommelier faticherebbe a catalogarlo tra i vini fermi, visto che durante l’intervista, parlando della sua grande passione per il vino (è presidente della Aneri vini che produce Amarone, prosecco e Pinot), serve spesso la risposta in un calice colmo di stilettate e ironia. "Ogni anno, arrivano telefonate di amici che mi consigliano di premiare questo o quel giornalista, ma non mi lascio influenzare. Perfino mia moglie mi dice da anni che non verrà alla consegna del riconoscimento finché non premierò Feltri, ma ad oggi non ho ancora ceduto alle pressioni. E infatti lei non è mai venuta". Quel che la signora non sa è che gira voce che ormai Feltri mandi i suoi gatti Ciccio Rosso e Ciccio Grigiotto a ritirare i premi, ma sono illazioni. Ad ogni modo, il giornalista che nell’edizione 2013 di 'È giornalismo' ha costretto anche quest’anno la signora Aneri a rimanere a casa, è il vincitore Hal Varian, Chief economist di Google, il quale ha affidato alla giuria il compito di scegliere i comunicatori più abili nell’area digitale. Scelta ricaduta sulle blogger e giornaliste Arianna Ciccone e Anna Masera. Con un’azienda di famiglia da mandare avanti, chi glielo fa fare di continuare a occuparsi di un premio per giornalisti? "Io ho la passione per il giornalismo da quando avevo tredici anni. Sui quotidiani, mentre i miei coetanei si andavano a leggere le pagine dello sport, io leggevo le grandi firme in prima pagina. Anni dopo, ogni volta che facevo un viaggio all’estero, mi andavo a cercare i corrispondenti italiani dei quotidiani che preferivo. E infatti per me 'È giornalismo' è un premio di famiglia, altrimenti avrei ceduto alle offerte di Telecom che lo voleva sponsorizzare. Peccato che io piuttosto che darlo in mano ad altri, continuerò a organizzarlo pure se non avrò più soldi, dando pane e mortadella agli ospiti". I giornalisti hanno notoriamente un ego delle dimensioni dell’Asia centrale. Ne avrà conosciuti parecchi. Secondo lei chi sono i più narcisisti? "Uno lo indico sulla fiducia, perché non lo conosco personalmente. Direi Paolo Guzzanti. Trasuda narcisismo in tutto, lo si intuisce dall’abbigliamento, dal modo di parlare, da questa sua aria perenne di chi conosce la verità. Tra i giornalisti che invece conosco e ho frequentato, non posso non citare Carlo Rossella. Ha un ego piuttosto ingombrante, ma non credo se la prenderà. Alla sua età ne avrà preso atto". Visto che si parla di giornalismi e ego, non posso non chiederle cosa ne pensa dei giornalisti-conduttori tanto in voga in questo momento. Tra Paragone e Porro chi preferisce? "Porro. È più professionale. Paragone non ha il physique du rôle. E non solo del conduttore, ma anche del chitarrista. Non è abbastanza maledetto". Di Telese che mi dice? «È triste dentro se stesso. Visto che mi intendo di vini, dico che potrebbe essere astemio». Beh, se Telese è astemio probabilmente comincerà a bere dopo la sua risposta. Enrico Mentana le piace? "Sì, certo. Ha sempre quell’aria da depositario del verbo, ma mi piace. Tra l’altro è arrivato secondo per ben due volte nel mio premio, ma alla fine la giuria ha scelto altri colleghi". Il vino si vende sempre o è in crisi come i talk show di alcuni giornalisti citati? "Nessuna crisi. Chi fa vino ha una fortuna. Se durante la giornata qualcosa ti va bene, torni a casa e apri una bottiglia per festeggiare con tua moglie. Se qualcosa va storto, torni a casa e apri una bottiglia per vedere il mondo un po’ meno brutto con tua moglie". Se Renzi fosse un vino? "Sarebbe un Chianti toscano forte massimo di due anni. Un vino giovane, beverino. Insomma, qualcosa che bevi facilmente e non troppo impegnativo". Escludo che Berlusconi possa essere beverino allora. "Berlusconi è un Amarone. Un vino che lotta e dura trent’anni. Quindi a Berlusconi auguro almeno altri dieci anni di vita politica". Bersani? "È una birra frizzante e mossa. Ecco, infatti dovrebbe darsi una mossa". A proposito, c’è un giornale o una firma che riuscirebbe a leggere solo dopo tre pinte di birra? "Compro e leggo sei giornali in tutto, il resto lo evito accuratamente. Se vuole però le dico una firma giovane che mi piace molto: Francesca Paci de La Stampa. Fa delle inchieste eccezionali". L’ultima volta che ha brindato? "Quando la Juve ha vinto lo scudetto ho brindato con il mio Amarone". Ora capisco perché io sono quasi astemia: sono genoana. E invece, a parte Obama di cui le cronache hanno già raccontato, chi sono i personaggi che di recente hanno festeggiato con il suo vino? Ha mandato una cassa alla Merkel? "Alla Merkel no, ma il principino Harry ha brindato con il mio vino al termine di un prestigioso torneo di calcetto tra i rampolli della Londra bene e un giorno sono stato ospite di Cameron a Downing Street. Dal primo ministro inglese si beveva il mio vino". Ormai si fingono tutti raffinati enologi anche se bevevano gazzosa fino al giorno prima. Perché? "Perché il vino in questo momento è una moda. Ci sono persone che imparano a memoria quattro righe scritte da un sommelier e le ripetono a pappagallo senza sapere di cosa parlano". E quindi io come faccio ad accorgermi se l’uomo che mi porta a cena è un intenditore di vini o un mitomane? Mi dia una mano. "Se ordina il vino che costa di più non si fidi. Vuol dire che non capisce niente. Se invece le fa una panoramica dei vini sulla carta raccontandole le caratteristiche e consigliandola in base ai suoi gusti, è uscita con la persona giusta". Corposo, robusto, fruttato, austero... neanche in una poesia di Flavia Vento ci sono tutti gli aggettivi che si scomodano parlando di vini. Me ne dice uno che non sopporta? "Unico. Posso dire che faccio del gran vino, ma se affermassi che il mio vino è “unico” sarei un coglione". Stasera esce a cena con Concita De Gregorio. Che vino le versa nel bicchiere? "Prosecco, che magari le smorza un po’ di aggressività". E se Concita ha da fare e manda la Gruber? "Alla Gruber verso un sacco di Amarone. Mi dà l’idea di avere troppo la politica in testa, per cui la stordisco e magari riusciamo a parlare d’altro". di Selvaggia Lucarelli