Un Papa argentino e riformista. Con l'elezione del cardinale argentino Jorge Mario Bergoglio al Soglio pontificio cosa cambierà per la Chiesa? Difficile dirlo già in queste prime ore. Per la prima volta, questo è certo, il Santo Padre proviene per la prima volta dall'Europa, e, altrettanto grande novità, è gesuita. Il discorso ufficiale a San Pietro, davanti ai fedeli stupiti ma naturalmente festosi, lascia già intendere qualche linea guida: innanzitutto, l'apertura della Chiesa romana al mondo. Il bacino di fedeli cattolici rappresentato dal Sudamerica, dall'Argentina al Brasile, è notevolissimo e puntare sull'evangelizzazione del Continente sarà una scommessa obbligata per una Chiesa che in Europa ha sempre più difficoltà. Allo stesso modo, Papa Bergoglio ha però tenuto a sottolineare il suo ruolo di Vescovo di Roma, senza mai nominare la sua Argentina, dimostrando un'attenzione pastorale di grande sensibilità. Rivoluzionario come San Francesco? - E poi c'è quel nome scelto, Francesco I, altamente evocativo: San Francesco, il primo rivoluzionario della Chiesa romana, l'uomo che prima di diventare santo ha scelto di cambiare radicalmente la vita propria e quella dell'istituzione, con una condotta pauperistica, sobria, povera e spirituale in contrasto al potere mondano dei Papi. E a Francesco I sarà affidato il compito di riformare una Chiesa alle prese con scandali sessuali e finanziari. Da non sottovalutare, infine, il saluto al predecessore Benedetto XVI: scelta inusuale, perché per la prima volta dopo secolo è ancora in vita un vescovo emerito di Roma, e perché sembra voler assicurare una continuità nel cambiamento. Se sarà un Papato di transizione (Bergoglio ha 76 anni), lo si scoprirà nei prossimi mesi. Di sicuro c'è già una missione, ammessa dallo stesso Francesco I: "Oggi inizia un nuovo cammino di evangelizzazione".