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Mps, il ruolo di Amato, "eminenza grigia" del banco (e di Siena)

L'ex premier e aspirante presidente della Repubblica è da anni uomo di peso nel banco senese. La storia, dal (non) affare Bnl e fino a Antonveneta
di Andrea Tempestini domenica 27 gennaio 2013

Giuliano Amato

3' di lettura

  Lo scandalo del Monte dei Paschi di Siena affonda le sue radici in là negli anni. Il vero nocciolo del crac resta l'acqusizione di Antonveneta dal Banco di Santender: la banca fu pagata 9 miliardi di euro, poi saliti a dieci, ossia più di quanto fosse costata al venditore e tra i 5 e i 6 miliardi sopra il valore patrimoniale (le cifre sono quelle portate dal commercialista Tommaso Di Tanno in consiglio dell'assemblea di Mps il 27 aprile dello scorso anno; sul caso indaga la magistratura). Staffetta Mussari-Profumo - Fu proprio nell'aprile dello scorso anno che Alessandro Profumo prese il posto di Giuseppe Mussari al vertice del banco senese. Profumo entra in Mps, vuole risanare, ed esplode anche lo scandalo derivati, Alexandria. Si vocifera di licenziamenti e tagli. E le cifre giustificano il clima del terrore: dal 2011 ai primi nove mesi del 2012 Mps ha accumulato perdite per 6,2 miliardi di euro. L'istituto ha in pancia titoli di Stato per 26 miliardi (che equivalgono a due volte e mezza il capitale) e derivati per 11 miliardi. Inoltre ci sono 17 miliardi di crediti a rischio. Profumo si rivolge al Tesoro, di fatto, per un salvataggio. Il ministero emette titoli speciali, i Monti-bond, per due miliardi, che si vanno a sommare agli 1,9 miliardi di Tremonti bond del 2009. Soldi nostri, soldi pubblici, su cui vorremmo delle spiegazioni.  Il ruolo di Bazoli - La firma in calce al crac, alle operazioni più avventate e spericolate, resta quella di Mussari, ex presidente Abi, fresco di dimissioni, che salì sulla poltrona più alta dell'Assobancaria nel 2010, "spinto" da Giovanni Bazoli, il presidente di Intesa, che convinse anche Profumo - allora al vertice di Unicredit - ad assumersi l'onere della grana Mps. Secondo i rumors, due giorni fa, sarebbe stato proprio Bazoli a convincere Mussari a mollare l'Abi.  Il "tessitore" Amato - Mussari, insomma, conta relazioni eccellenti, importanti "consiglieri". E tra questi c'è anche Giuliano Amato, l'ex premier tecnico della patrimoniale, ora in corsa per il Quirinale. Ma, soprattutto, da sempre il "grande vecchio" dell'ultra-massonica città di Siena. Per ricostruire la vicenda si deve tornare al 2002, quando Mps voleva acquisire Bnl ma venne fermata da Bankitalia. Quindi si passa al 2005, l'anno delle scalate: il banco senese però rinuncia, si fa da parte, e non sostiene la Unipol di Consorte. In quell'occasione era Mussari a guidare la Fondazione di Mps. La sua linea spaccò i Ds che controllano Siena e la banca. Piero Fassino e Massimo D'Alema si infuriano, ma i senesi possono contare su amici di peso, in primis Amato, eletto deputato putacaso proprio a Siena. Poi c'è Franco Bassanini, che di Mps fu anche vicepresidente. La spaccatura - Gli intrecci tra politica rossa e Monte dei Paschi sono fitti. La politica è in banca. Per esempio, il sindaco di Siena era un dipendente del Monte, che poi voleva divenirne capo, poi c'era Pierluigi Piccini, che aspirava a guidare la Fondazione. E così, per mettere ordine, scende in campo Amato, nato a Catanzaro ma, de facto, senese da tempo. Il Mps si chiude a Rocca Salimbeni, il quartier generale, e difende tutta la sua senesità. Ed è in questo contesto che si arriva all'estate della scalata mancata a Bnl. L'artefice? Amato, of course. I Ds erano spaccati, i dalemiani promettevano guerra, Amato non nasconde la sua contrarietà all'operazione. E la spunta. Ma un'acqusizione, poi, si farà. E' quella - funesta - di Antonveneta, avvenuta nel novembre del 2007. Colse tutti di sorpresa e, da subito, destò diversi dubbi. Ma il mondo bancario era in fermento (su tutto, la fusione tra Intesa e Sanpaolo) e l'operazione passò relativamente sotto traccia. Verso il corllo - Oggi, però, Mps risulta devastata dall'acquisizione di Antonveneta e dalle decisioni maturate in un ambito molto più politico che bancario. Del Monte dei Paschi di Siena, la più antica banca al mondo, si è sempre detto, non può cadere. Ora, invece, le carte in tavola paiono essere cambiate. E di pari passo potrebbero crollare le protezioni eccellenti e il sistema senese in cui si fondono curia, massoneria, sindacati, ex socialisti, ex comunisti e, appunto, aspiranti presidenti della Repubblica.   

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