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E' saltato il MontepaschiIl sistema Siena del Pdora è a un passo dal crac

L’operazione Antonveneta (10 miliardi) inizio dei problemi: poi crisi politica, guai per palio, università e aeroporto hanno piegato la città. E il piddino Profumo non ha risolto nulla
di Andrea Tempestini domenica 27 gennaio 2013

3' di lettura

di Claudio Antonelli Uno dei due più grandi esperti di Banca Monte Paschi ha scritto: «Ci sono voluti cinque secoli per costruire quella fortuna che per i senesi è stata Mps, e meno di cinque anni sono bastati a Giuseppe Mussari e agli altri vertici per far evaporare in Borsa il tesoretto della Fondazione». In effetti ben 4 miliardi di valore adesso non sostengono più le fondamenta di una intera città.  Dal celebre palio, scendendo fino all’università, la sanità, lo sport e, più in profondo, il dna stesso dei senesi e della politica che da decenni governa il capoluogo toscano. Quella di sinistra. O più precisamente del Pd.  Alla base dei drammi senesi sembra esserci l’acquisizione di Antonveneta per 10 miliardi di euro sulla quale sta indagando la procura da meno di un anno. Ma non solo. C’è la particolare gestione del bilancio che ha portato alla necessità dei Monti Bond e da ultimo la vicenda dei derivati nascosti sotto il tappeto che ha imposto all’ex numero uno di Mps l’addio alla poltrona Abi. Sarà come al solito tutto da dimostrare. È però già certo che si tratta dell’ultima goccia di un percorso iniziato nel 2008 e conclusosi poco tempo fa quando il governo Monti è di fatto entrato in Mps realizzando un salvataggio che costerà agli italiani non meno di 4 miliardi. C’è da chiedersi se ne sarà valsa la pena.  LA GIUNTA SPACCATA A Siena gli interrogativi sono ben altri.  La crisi ha provocato scompensi politici, tanto da portare alla rottura negli ultimi mesi tra i vertici della Fondazione, presieduta dall’ex Dc Gabriello Mancini e quelli del Comune, guidato dall’ex diessino Franco Ceccuzzi, (che è un po’ l’azionista di riferimento dell’ente). Ma soprattutto alla rottura di quel legame politico tra la Dc e il Pci prima, Margherita e Ds dopo e quindi interno al Pd sul quale si è sempre retta la gestione della città. Ad aprile l’arrivo di Alessandro Profumo, l’ex Unicredit, ben voluto da gran parte della sinistra e da Tabacci, aveva fatto ben sperare al sistema Siena. Convinto probabilmente che non sarebbero stati interrotti i cordoni della borsa. Invece Mps ha tagliato i fondi per le attività sportive della città e pure quelli alle istituzioni. Perfino il Palio si è visto decurtare i contributi. E questo è nulla. A maggio 2012 non viene votato il bilancio, molti sostengono perché l’anima della Margherita si sia impuntata contro le nomine fatte dal Comune in Fondazione. Così si dimette il sindaco Ceccuzzi e tutto rimane sospeso. Compreso l’aeroporto. L’udienza preliminare per l’inchiesta sulla turbativa sull’ampliamento dell’aeroporto di Ampugnano era stata rinviata dall’autunno scorso al 24 gennaio prossimo per un legittimo impedimento. Sarà rinviata ancora per vizi di forma. Poi bisognerà decidere chi dei 14 indagati tra i quali c’è anche Mussari andrà a processo.  INDAGINE IN ATENEO C’è pure Laura Torchia, consigliere della Cassa depositi e prestiti - e nel 2011 una delle papabili ministre per il governo Monti, lo stesso che ha concesso le agevolazioni tramite bond. Nel frattempo l’aeroporto è già costato alla città circa 14 milioni di euro. Sempre a maggio scorso i circa cento  dipendenti della Siena Biotech sono finiti in cassa integrazione. La Fondazione, che negli ultimi dieci anni ha distribuito al territorio oltre un miliardo di euro, forse non ne avrà mai più uno da dare alla Siena Biotech. E nemmeno all’Università, che quanto a crisi è stata precorritrice. Dal 2003 al 2007, secondo le accuse del pm Antonino Nastasi, uno di quelli che adesso indaga sul Montepaschi, due rettori, Piero Tosi e Silvano Focardi, avrebbero scavato nei conti dell’ateneo un buco da 200 milioni di euro, gonfiando a dismisura gli organici. L’inchiesta sull’Università è destinata con tutta probabilità alla prescrizione;  fatto sta che Profumo, scelto non a caso per l’area politica (era in fila alle primarie prodiane),  ora si trova a rinnegare il passato, ma non può nemmeno dimenticare che a sostenere Mps è sempre stata una certa sinistra.  La stessa che quando si è trattato di scegliere tra la città e la banca sembra proprio aver scelto quest’ultima. La resa corrisponde alla fine di questo sistema. Ad Alessandro Profumo il compito di ricostruire il patrimonio trovando nuovi capitali, questa volta fuori dalla Fondazione e dunque dalla città stessa, lasciata al suo destino. Resta da ricostruire il futuro del Monte.

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