Tanti figli, poco reddito. È questa la formula vincente. Almeno per il fisco italiano, che finora, malgrado gli annunci e le dichiarazioni d’intenti, non riserva ancora molte attenzioni alla famiglia. L’ultimo intervento in materia, che inizierà a sortire i suoi effetti da quest’anno, è del governo Prodi, che ha ritoccato il sistema delle detrazioni fiscali per i figli a carico. La rimodulazione è stata presentata come il momento del giro di boa tra la fase dei sacrifici e quella della restituzione agli italiani di un po’ di ossigeno. L’alleggerimento fiscale, però, al di là delle cifre teoriche, non è stato particolarmente robusto. E il fiato, purtroppo, è rimasto corto. Soprattutto se si considera l’impatto reale delle novità introdotte dal governo. Ma si tratta pur sempre di qualcosa in più che torna in tasca ai contribuenti. E in tempi come questi nessuno si azzarda più a buttar via nulla. Le nuove norme inserite nella legge di stabilità approvata alla fine del 2012 hanno ampliato la detrazione di base per i figli a carico con più di tre anni di 150 euro e quella riservata ai bimbi più piccoli di 320 euro. Sulla carta, dunque, il beneficio fiscale è passato da 800 a 950 euro per la prima fascia e da 900 a 1.220 per i figli sotto i 3 anni. Se in famiglia ci sono più di tre figli alla detrazione di base andrà aggiunto un importo di 200 euro per ciascun figlio, a partire dal primo. Il bottino sembra sostanzioso. Si tratta, però, di cifre teoriche. L’importo effettivamente detraibile diminuisce infatti con l’aumentare del reddito fino ad annullarsi quando le entrate raggiungono la soglia dei 95mila euro. Soglia che si alza di 15mila euro per ogni figlio successivo al primo. E qui il bonus si assottiglia considerevolmente. Intanto, appare chiaro che la posta massima non è mai configurabile, perché al di sotto dei 12-14mila euro la maggior parte dei contribuenti rientra nella categoria degli incapienti, che non pagano alcuna Irpef e non hanno, di conseguenza, nulla su cui applicare la detrazione. Al di sopra di quella fascia di reddito gli importi iniziano ad aggirarsi rispettivamente sugli 800 e i 1.000 euro. I benefici maggiori, per una famiglia tipo italiana, monoreddito e con figlio a carico, si concentrano nella fascia tra i 14 e i 20mila euro l’anno. Dove la differenza con le vecchie detrazioni può raggiungere percentuali tra il 5 e il 35/40%. In quest’area, per le famiglie con figli maggiori di tre anni, lo sconto rispetto alla precedente normativa non supera i 130-140 euro. Mentre per chi ha figli più piccoli si può arrivare fino a 260-270 euro di bonus all’anno. A calcolare gli effetti concreti sui bilanci delle famiglia, ci ha pensato la Consulta dei centri di assistenza fiscale, che ha effettuato una serie di simulazioni sui nuovi importi delle detrazioni. Un precario o un operaio che abbia un neonato in casa, e uno stipendio sotto i 20mila euro, potrà avere una detrazione di 963 euro l’anno, e potrà giovare di questo vantaggio fiscale fino ai tre anni del bambino. Se i bambini piccoli sono due, lo sconto sale a 1.996 euro. Se i redditi oscillano tra i 35 e i 40mila euro, cioè la condizione economica media degli impiegati dello Stato, il bambino si porta dietro una detrazione fino a 700 euro, che scende a 578 se si è fatta un po’ di carriera o si è meno giovani, con redditi fino a 50mila euro, e a 449 per salari che veleggiano verso i 60mila euro (111 euro in più rispetto alla normativa attuale). Per una coppia con due figli sopra i tre anni, se il reddito è inferiore ai 30mila euro, le detrazioni fiscali ammontano a 1.382 euro, 218 in più rispetto al 2012. Con tre figli si sale a 2.166 euro. E se la coppia di figli ne ha uno solo le detrazioni ammontano a 650 euro. Un professionista che abbia tre figli, di cui solo uno con meno di tre anni, e un reddito compreso tra i 50 e i 60mila euro avrà uno sconto fiscale che passerà dai 1.414 euro del 2012 ai 1.622 di oggi. Con un reddito tra i 25mila e i 30mila euro (ad esempio un insegnante) la detrazione sarà invece di 2.371 euro, 304 in più di quella in vigore. Ma il sistema delle detrazioni non è l’unico settore in cui il fisco tiene conto della composizione del nucleo familiare. Anche l’Imu, ad esempio, su cui il governo sta studiando una rimodulazione che ne annulli o limiti l’impatto sulle fasce più deboli, già incorpora per la prima casa una detrazione di base di 200 euro che viene maggiorata di 50 (fino ad un massimo di 400 euro) per ogni figlio convivente di età inferiore ai 26 anni. Sul fronte dei sostegni, invece, restano in vita i vecchi assegni familiari, che spettano a tutti i lavoratori e vengono modulati in base al reddito e al numero dei figli. Anche in questo caso l’importo va ad esaurirsi con l’aumentare delle entrate. Per il primo figlio dal 1 luglio al 30 giugno 2014 gli assegni vanno da 137 euro (sotto i 14mila euro) ai 12 centesimi per i redditi fino a 70mila euro. Mentre per il secondo la forbice è tra i 258 e i 3 centesimi (per redditi fino a 76mila euro). Per le mamme lavoratrici, invece, un decreto del ministero del Lavoro dello scorso dicembre ha previsto l’introduzione del bonus bebè. Studiato per essere di sostegno alle famiglie più bisognose in base al reddito, è previsto non soltanto per l’anno in corso, ma anche per il 2014 e il 2015. La normativa prevede che la madre, terminato il congedo di maternità obbligatorio, rinunci al periodo di astensione facoltativa e faccia domanda o per le spese di una tata che si prenda cura del piccolo o in alternativa per pagare la retta dell’asilo nido, in modo da ottenere un buono di 300 euro al mese. Il bonus si può richiedere al massimo per sei mesi (entro 11 mesi dopo il rientro dalla maternità) e verrà erogato in base ad una graduatoria stilata dall’Inps facendo riferimento alla dichiarazione Isee. di Sandro Iacometti