Conto corrente, come scegliere il migliore

Abbiamo messo a confronto le banche più convenienti (comprese quelle online): scarica e consulta la tabella. Leggi i consigli dell'esperto
di Andrea Tempestinidomenica 28 luglio 2013
Conto corrente, come scegliere il migliore
4' di lettura

Vuoi versare soldi o prelevare denaro? Hai la necessità di farti accreditare la pensione o lo stipendio e di effettuare bonifici in tempi rapidi? Bene, puoi cercare in tutti i siti specializzati i prodotti più innovativi e le ultime mode in tema di gestione della liquidità, ma senza il caro vecchio conto corrente non andrai molto lontano. Insomma, se  è insindacabile che il conto di deposito, con gli interessi che nei tempi d’oro superavano il 4%, rappresenti la vera novità degli ultimi anni, è altrettanto vero che ancora oggi se ti manca l’appoggio di un conto in banca fai difficoltà anche nelle operazioni più semplici del quotidiano.   CONTI CORRENTI A CONFRONTO Scarica e consulta la tabella in .pdf   Online o sportello Certo, ma quale scegliere? Il primo dubbio è tra l’online e il tradizionale? Per le giovani leve la risposta viene spontanea, perché i primi sono normalmente più economici e offrono una maggior libertà di utilizzo. Ma per chi proprio non riesce a staccarsi dallo sportello vale la pena ricordare che quasi tutti i nuovi conti consentono la doppia operatività: sia in filiale che via Internet. Con delle differenze, però, macroscopiche. Un recente studio di SosTariffe ha tracciato alcuni identikit dei possibili correntisti italiani, individuando la spesa annua sostenuta con i principali conti correnti e i risparmi che si otterrebbero cambiando tipologia di conti. Ecco i risultati: mediamente un correntista che non usa mai Internet  spende più di 120 euro l’anno per portare avanti una normale operatività, per chi abbina Internet allo sportello, invece, i costi si riducono a 82 euro, e si azzerano (o quasi) per chi opera con un conto esclusivamente online. E meno male che negli ultimi anni la tendenza è stata quella di ridurre gradualmente le spese. L’ultima indagine ufficiale della Banca d’Italia sul 2011 evidenzia come i costi medi per la gestione di un conto corrente siano diminuiti per il terzo anno consecutivo, attestandosi a 105,7 euro. Ancora molto alti, ma si tratta di 4 euro in meno rispetto al 2010 e di e 8 sul 2009. Secondo Palazzo Koch, la riduzione delle spese fisse e di alcune variabili, congiunta all’incremento del numero di operazioni, ha comportato un calo del costo medio per operazione nel 2011 pari al 18%, da 1,78 a 1,51 euro. Ma questi numeri non dicono tutta la verità. «Bisogna considerare – spiega Manfredi Urciuoli, direttore Commerciale di Confrontaconti.it – che sono spinti verso l’alto dai conti più anziani. Oggi infatti si possono trovare sul mercato diversi prodotti con costi praticamente nulli». Basta dare un occhio alla tabella preparata dal comparatore di prodotti bancari per rendersene conto: si parte dal  Conto Webank, ma poi ci sono tutti gli altri. C’è il conto  Youbanking  del Banco Popolare, uno dei marchi storici come Fineco, quindi l’Opzione Online  di Chebanca, il  Conto Corrente Arancio  di Ing e altri ancora.   Una scomposizione della spesa, comunque, può aiutarci a capire dove conviene stare attenti e perché, nonostante la costante riduzione della parte fisse, alla fine i costi variabili incidano e non poco: «Al netto delle commissioni pagate sugli scoperti e i finanziamenti in conto corrente – si legge nel rapporto di Bankitalia -  la spesa media si attesta a 88,3 euro (2,8 in meno del 2010). Il 57,3 per cento è composto dalla parte fissa, mentre quella variabile copre il 26,2 per cento e la quota restante (16,5 per cento) riguarda commissioni sugli utilizzi a debito». Morale della favola? «Come nell’anno precedente – continua l’analisi - la diminuzione dei costi è dipesa dalla flessione della parte fissa (-4,3 euro) e dalle minori commissioni sugli utilizzi (-1,7 euro). Il complesso delle spese variabili, invece, è cresciuto di 1,5 euro, anche per il maggior numero di operazioni svolte rispetto all’anno precedente». «La verità – continua Urciuoli – è che alcuni clienti fanno un uso poco appropriato del conto e spesso le spese lievitano per i costi degli scoperti e dei fidi. Tanto per farle un esempio: se si ha la consapevolezza di restare in rosso otto mesi su dodici allora sarebbe preferibile chiedere un prestito personale e risparmiare sulle commissioni e invece sono in pochi a farlo». Conviene, quindi, confrontare i vari conti presenti sul mercato tenendo ben presenti a cosa ci serviranno. Certo, il rischio è quello di perdersi nella marea di commissioni e opzioni previste nel contratto, ma esistono anche un indicatore sintetico che permette di confrontare prodotti diversi attraverso un unico parametro. Si chiama Isc, indicatore sintetico di costo, ed esprime il costo totale del conto corrente. Non sono poche, comunque,  le banche che offrono prodotti ad hoc per determinati profili di clientela. Sul mercato esistono infatti conti correnti rivolti alle famiglie, ai pensionati, agli studenti e alle aziende. Ma se ci si limita al retail, il ventaglio delle migliori offerte resta quello descritto nella tabella sopra.  Garanzie e tasse E se la banca fallisse che cosa succederebbe al nostro conto corrente? La domanda, diventata di stretta attualità nel periodo più caldo della crisi degli istituti di credito, trova risposta nella direttiva comunitaria 2009/14/CE: per tutte le banche operanti nella Comunità Europea vige l’obbligo di aderire ad un sistema di garanzia dei depositi che assicuri un livello di garanzia di 100.000 euro per ogni depositante. E per le banche estere che operano in Italia? Il principio è lo stesso. Perché possono limitarsi ad aderire al fondo obbligatorio nel proprio Paese di origine, che deve comunque rispettare quanto stabilito dalla direttiva. Insomma fino a 100 mila euro non si corrono rischi. Mentre è sempre bene ricordare che se il valore medio di giacenza supera i 5 mila euro c’è da pagare l’imposta di bollo da 34,20 euro su base annua. E  che sugli interessi attivi (tasso che la banca paga sui depositi dei correntisti) grava una ritenuta fiscale inferiore rispetto al passato: dal 2012, con l'introduzione dell’aliquota unica per la tassazione delle rendite finanziarie, si è passati, infatti, 27 al 20%. di Tobia De Stefano