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Balle da OscarDopo il master e le laureeha pure cantato allo Zecchino

Il Mago Zurlì: "Non ha mai partecipato allo Zecchino d'oro". E non avrebbe nemmeno potuto: ecco perché
di Matteo Legnani domenica 24 febbraio 2013

Oscar Giannino

4' di lettura

di Francesco Borgonovo La vicenda di Oscar Giannino si è ormai elevata dalle minuzie della cronaca alla grandezza dell’arte. Da materiale per cronisti diventa  materia da letterati e cinefili:  stralunata fantasia strappata alle Avventure del Barone di Münchhausen,  il nobiluomo tedesco (e in effetti il barbuto cronista ha più di un tratto teutonico) che raccontava di aver battuto i fondali marini a cavallo e di aver duellato con un mantello ammalatosi di rabbia dopo il morso di un cane. O, per volare un po’ più bassi, la millanteria diffusa e palese del leader di Fare rientra nel campo delle allucinazioni fantozziane, sul genere  «Sono stato azzurro di sci» (segue mostruosa caduta in pista). Perché inventare master e lauree può passare per bassezza, ma dire in giro  di aver cantato allo Zecchino d’Oro è puro surrealismo, amore per l’invenzione, vocazione a far di se stessi un romanzo. E c’è pure una punta d’ammirevole onestà nell’ammettere - seppur costretti dall’evidenza - che «no, non è vero», come Oscar ha fatto ieri sera alle Invasioni Barbariche di Daria Bignardi.  Mago Zurlì alla Zanzara:  "Giannino mai allo Zecchino" Guarda il video su LiberoTv Ma andiamo con ordine. Il mistero della partecipazione di Giannino alla manifestazione musicale per piccini origina da un’intervista rilasciata al Foglio (giornale per cui aveva curato l’economia) nel 2009. «Sì, c’ero anch’io. Ho cantato anch’io allo Zecchino d’Oro, in un’epoca in cui quel programma era un punto di riferimento assoluto per chi era bambino in quei primi anni del boom», disse Oscar a Maurizio Stefanini. «Era una passione straordinaria, che accomunava tutti attorno al vestitino da mago di Cino Tortorella, a Mariele Ventre e al passerotto dal fiocco rosso».  Seguivano altre rimembranze (probabilmente solo televisive): «Potei partecipare alle selezioni solo impuntandomi. Mi presentai alle selezioni con una canzone di Gianni Morandi. Una cosa che ricordo pure è che per partecipare alle selezioni bisognava impegnarsi ad acquistare un’enciclopedia per ragazzi molto diffusa all’epoca: Conoscere. Ma ricordo soprattutto Mariele Ventre: bravissima, straordinaria». Giannino, tuttavia, non entrava nei dettagli della sua partecipazione. Il motivo lo svelava l’intervistatore: «Nella prima metà degli anni ’60 dello Zecchino d’Oro fu un giovanissimo concorrente. Anche se il suo nome nell’albo d’oro non lo troverete perché, per ragioni familiari, partecipò con le generalità di un altro parente. E per confidarsi pone anche la condizione di poter non indicare né quel suo pseudonimo né la canzone interpretata né il piazzamento. “Non vorrei che Dagospia o qualcuno del genere ne facesse un tormentone”». Insomma: comprensibili questioni di pudore gli suggerivano di non precisare ulteriormente. Anche perché si trattava di una balla. E, come sanno i bravi romanzieri, quando s’inventa una frottola è bene lasciare i contorni indefiniti, così uno s’immagina quel che gli pare (e il narratore si può parare il didietro, se scoperto).  La storiella della comparsata, sotto falso nome, alla gara del Mago Zurlì era in effetti ben congegnata. Chissà, magari nacque come una sparata casuale, durante un pomeriggio in redazione. Così, tanto per regalare un aneddoto in una giornata stanca. Roba da grandi giornalisti, da intrattenitori provetti.   Chi scrive, per verificare le dichiarazioni di Giannino, si è dovuto incollare per un bel po’ al telefono e a internet.  Contando che per partecipare allo Zecchino bisogna avere almeno tre anni, e che Oscar  è nato a Torino nel 1961, si potrebbe pensare che abbia concorso dal 1964 in poi.  Nell’intervista al Foglio, la partecipazione veniva datata nella prima metà dei Sessanta. Ma un’altra fonte - che ne fu informata direttamente da Giannino - indicava una edizione precisa: quella del 1967,  forse la più famosa di tutte,  vinta da Valter Brugiolo con Popoff, la canzone sul cosacco. Ovviamente, controllando sull’archivio online dell’Antoniano di Bologna,  tra i concorrenti di quell’anno non figurava nessun Oscar Fulvio Giannino.  Il mistero era fitto. Sotto quale pseudonimo poteva celarsi  il piccolo cantante?  Ci è toccato scomodare  l’organizzazione dello Zecchino d’Oro. Abbiamo giustificato a una cortese addetta stampa  la nostra invadenza di curiosoni. La ragazza, con tanta gentilezza e un filo di perplessità, ci ha fatto  sapere che avrebbe verificato  in archivio. Dopo i controlli, la risposta prevista: non risultavano bambini di nome Oscar nel periodo indicato.  C’era  , nel ’67,  un Fulvio Gelato. Per un attimo abbiam sperato che fosse lui, poiché il bambino cantava una canzone con questo ritornello: «Dai, dai dai, non ci crederemo mai! / Dai, dai, dai non è vero e tu lo sai!». Sarebbe stato perfetto, no? Ma non era lui. E dallo Zecchino ci smontavano pure la versione del nome fasullo: «Sarebbe molto inusuale», ci hanno detto.  «Che a noi risulti, una cosa del genere è stata fatta solo una volta, per la figlia di Ugo Tognazzi che  non voleva partecipare con il cognome del padre». Ormai rapiti dal giallo creato da Giannino, abbiamo di nuovo spulciato l’albo dei partecipanti. Ci  siamo perfino imbattuti, tra i concorrenti del 1966, in un Mario Giordano. Ma non ci risulta che il direttore di Tgcom24 ed editorialista di Libero avesse mai dichiarato di aver partecipato allo Zecchino d’Oro.  Abbiamo pensato pure di interpellare Topo Gigio, ma ci han detto che è in pensione. Infine, in serata, la versione di Oscar: «Non ho partecipato, ho fatto solo  le selezioni, ma sono andato all’Antoniano. Ricamavo un po’». Lui ricamava: un po’ Münchausen, molto azzurro di sci.      

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