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Mps, Grilli: Non è un salvataggio di Stato

Per il ministro non quello al banco sense è solo un prestito. Ma è una bugia: l'istituto non potrà ripagarlo e di fatto verrà nazionalizzato. A spese nostre
di Andrea Tempestini giovedì 31 gennaio 2013

Vittorio Grilli

4' di lettura

  Come previsto, il ministro dell'Economia uscente, Vittorio Grilli, afferma che "i 3,9 miliardi di Monti bond liberati dal governo per il Monte dei Paschi non si configurano come un salvataggio. La banca è solida, tanto che è indispensabile non insinuare dubbi sulla solidità del sistema bancario italiano", ha spiegato nel corso della relazione alle Commissioni finanze di Camera e Senato a seguito dello scandalo derivati esploso a Siena e che fa tremare la sinistra. Grilli ha ribadito che "Mps ha una situazione patrimoniale complessiva solida, e le tensioni che lo hanno riguardato non producono effetti sul sistema bancario nel suo complesso. Dopo aver smentito l'ipotesi del salvataggio - anche se il Monte, come spieghiamo, di fatto verrà nazionalizzato e a pagare saranno i contribuenti italiani - arriva anche il conentino: "Bankitalia, in seguito alle ispezioni del 2011 e al termine dell'indagine conclusa il 9 marzo del 2012, ha rilevato pesanti carenze nella gestione della liquidità e ha disposto sanzioni ai manager", ha spiegato Grilli, che ha aggiunto che "il provvedimento è in fase conclusiva". Nazionalizzazione di fatto - La verità, però, è che Mps sarà sottoposta a una "nazionalizzazione di risulta", una formula coniata dal premier Mario Monti. Lo Stato, di fatto, entrerà nel capitale del Montepaschi utilizzando i Monti-bond. Ovvio, nessuno lo dichiara pubblicamente, men che meno Grilli nel corso dell'audizione. Ma è sufficiente dare un'occhiata ai fatti e alle cifre per comprendere come il destino di Mps è già scritto: finirà in mano pubblica in via provvisoria in attesa di completare il risanamento con la garanzia del Tesoro. Nel frattempo l'istituto dovrà cercare un grande azionista privato disposto ad acquisirlo. Che succede? Succede che i 3,9 miliardi di prestito obbligazionario che la banca conferirà al Tesoro in cambio di denaro cash, serviranno a riallinare gli indicatori della banca ai livelli richiesti da Eba e Basilea III. Grazie all'iniezione di liquidità, il Coer Tier 1 dell'istituto salirà a 9, che in termini pratici pone la banca in sicurezza dal punto di vista patrimoniale. E dunque, spiega il Tesoro, "il commissariamento non è un'ipotesi presa in considerazione". Vincenzo Visco, numero uno di Bankitalia, ha spiegato che i 3,9 miliardi di Monti-bond "al momento sono sufficienti". Il prestito - Ed è proprio dietro a questo "al momento" che si nasconde il segreto di Pulcinella, quello della nazionalizzazione. Il prestito di Stato è sufficiente a ripianare il deficit patrimoniale di Mps, ma con tutta probabilità non servirà, nei prossimi mesi, a garantire l'operatività della banca (una situazione ben chiara sia a Palazzo Koch sia alla Consob). Dunque, in assenza di nuovi ingressi nel capitale, risulta pressoché impossibile che il banco sense possa generare i profitti promessi con cui remunerare il prestito del Tesoro con un interesse al 9 per cento. Ed è a questo punto che si concretizzerà la "nazionalizzazione di risulta". Lo scenario più plausibile, infatti, prevede la conversione dei bond in mano al Tesoro in azioni della banca (alias "nazionalizzazione di risulta", di cui hanno parlato anche lo stesso Grilli e Mario Draghi in un incontro riservato a Milano, avvenuto domenica mattina). I Monti-bond introdotti dal governo tecnico si configurano come un prestito temporaneo dello Stato alla banca. Peccato però che nel caso - probabile - che il Monte dei Paschi di Siena non riesca a restituire nei termini il prestito, la banca verrà nazionalizzata in via provvisoria in attesa di essere ricollocata sul mercato. E Profumo conferma... - E la conferma al fatto che si proceda verso la nazionalizzazione arriva da Alessandro Profumo, presidente di Mps. In un'intervista concessa a Giovanni Floris, in onda su Ballarò di martedì 29 gennaio, il presidente del banco senese spiega che "potenzialmente la nazionalizzazione è possibile. Dopodichè sottolineo potenzialmente, perché abbiamo fatto un piano industriale con il nuovo Consiglio di amministrazione e il nuovo management, che dovrebbe consentirci di restituire questo finanziamento, questo supporto pubblico che stiamo ricevendo oggi. Uso il condizionale - ha concluso Profumo - perché c'è tantissimo lavoro da fare e questo è quello che noi ci siamo impegnati a fare". In audizione - Grilli, nel corso dell'audizione di fronte alle Commissioni, ha ribadito più volte che i 3,9 miliardi di titoli sosttoscritti dal Tesoro "non si configurano come un salvataggio di una banca insolvente, ma come rafforzamento del capitale". Una mezza bugia, dunque. Secondo il titolare di via XX Settembre uscente, l'aiuto finanziario "non è a favore dei manager o degli azionisti, ma dei risparmiatori della banca". Grilli ha specificato che si tratta di "un prestito a un tasso del 9%, e non a fondo perduto". Per la banca, una volta che il prestito verrà richiesto ufficialmente, "ci saranno condizioni pesanti e con onerosità crescente per incentivare il rimborso nel più breve tempo possibile" che includono anche "limiti alle strategie commerciali e acquisizione partecipazioni". Vengono inoltre previsti "divieti di distribuire dividenti, e vincoli alle remunerazioni".   

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