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Obama, il presidente incapace di fare il leader

A differenza di Bush, che si prese la sua scomoda responsabilità con Saddam, Barack è troppo pavido per fare davvero la guerra ad Assad: gli darà solo un buffetto
di Glauco Maggi sabato 31 agosto 2013

3' di lettura

Il Nobel per la Pace, dunque, va alla  guerra (di Siria) anche in solitaria. Niente Inghilterra, niente Italia, niente Spagna, che aderirono invece alla “coalizione dei volenterosi” promossa da Bush per l’Iraq,  quella alleanza che era stata presa in giro perche’ aveva “solo” 35 governi in missione assieme agli Usa. Ma George W.  era l’“unilaterale” che si faceva beffa dell’Onu e del consorzio internazionale, e “unilateralismo” (anche se con 35 alleati) era sinonimo di arroganza, di sete di guerra. Oggi, con Obama, fare da se’ non ha alcun connotato negativo, anzi e’ la cosa giusta da compiere. “Quello che si contempla per la Siria è di così limitata e ristretta natura che non è che ci sia un imperativo simile alla operazione in Libia del 2011 di mettere assieme differenti capacità da diversi paesi”, ha detto con sublime faccia di bronzo un alto dirigente della Casa Bianca al Wall Street Journal dopo che a Londra il premier Cameron era stato sconfitto in Parlamento sulla mozione per la partecipazione inglese. E sul fiasco diplomatico di Obama nel non riuscire a convincere gli alleati a seguirlo, quanti editoriali sono stati scritti? Un centesimo di quelli contro Bush? Un millesimo? Ma come? Era o non era vero quello che dicevano i critici di Bush secondo i quali “si sa quando si inizia una guerra ma non si sa come va a finire”? E a proposito dell’”attacco a un paese islamico che diventa uno strumento potente di reclutamento di nuove leve di terroristi”? Che fine ha fatto quel ritornello? Purtroppo, la palese contraddizione tra l’Obama che cavalcava l’anti-americanismo mondiale per colpire Bush e farsi un trampolino per battere la Hillary (che aveva votato l’autorizzazione all’uso della forza contro Saddam), e l’Obama di oggi che fa la punta ai suoi missili per bombardare Damasco non è l’unica macchia della sua politica. Molto più grave, e sostanziale, è che se il presidente sparerà, come fa credere, non provocato, lo fara’ contro un paese di cui “non vuole cambiare il regime”. E questo, dopo che da due anni dice che “Assad se ne deve andare”, e dopo che un anno fa aveva tracciato la famosa “linea rossa” sull’uso di armi chimiche da parte del regime siriano, quella che, se superata, avrebbe “portato a gravi conseguenze”.  Insomma, Obama non ha più l’obiettivo strategico (rimuovere Assad) che avrebbe giustificato l’impiego dell’esercito, ma nondimento scherza con il fuoco. Un dilettante allo sbaraglio. L’eventuale operazione del lancio dei missili, ha detto in una intervista alla PBS TV, “è un avvertimento” per dire ad Assad di non fare più quello che sta facendo. Una “linea rossa bis”, in pratica: adesso è dimostrato che Assad ha ucciso in due diversi attacchi a distanza di mesi qualche centinaio di siriani con il gas nervino (mentre 100mila altri sono morti di armi convenzionali), ma se il regime lo farà ancora una terza volta, vuol far credere Obama, ci saranno “gravi conseguenze”. Immaginate il terrore negli occhi di Assad a sentire queste “minacce” dalla Casa Bianca, se il pianificato intervento unilaterale sarà una minicampagna di un paio di giorni. Lo stesso presidente, del resto, si è imposto dei paletti sconcertanti: “Questo non risolve tutti i problemi all’interno della Siria e, si sa, ovviamente non sarà la fine delle morti di persone innocenti in quel Paese”. Cioè, sconta già il fallimento della missione sul piano bellico, e pensa che ridurre le aspettativa faccia di lui un preveggente comandante in capo. Obama vive con fastidio la responsabilità di leader della nazione leader, e di capo dell’esercito più potente del mondo. Preferisce far credere di essere il “giudice” internazionale che condanna ad una pena (limitata, un buffetto) un capo di governo che si è macchiato di un crimine (l’uso dei gas).  Ma bombardare resta una azione di guerra, caro Barack Hussein, e solo le anime belle e ”boccalone” che si bevono la sua retorica da cinque anni sono pronte a dargli sempre ragione, senza arrossire mai. La prova sono i “pacifisti” di sinistra un tanto al kilo, che non sventoleranno le bandierine arcobaleno da mettere alle finestre, e non prepareranno i cartelloni con la scritta “Usa guerrafondai” e “A morte Obama”, come facevano con Bush, da portare nei cortei e nei sit-in sotto l’ambasciata americana, che Vendola, la Cgil e il Pd si guarderanno bene dall’organizzare. di Glauco Maggi @glaucomaggi

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