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Signorini: "Feci vedere il video di Marrazzo con il trans a Marina Berlusconi"

Il direttore di "Chi" parla in tribunale come testimone: "Mio dovere farlo, lei era il mio editore"
di Andrea Tempestini domenica 16 giugno 2013

Marrazzo, Signorini, Marina Berlusconi

2' di lettura

Del video che ritrae Piero Marrazzo con il trans Natalie parla in aula di tribunale il direttore di Chi, Alfonso Signorini, ascoltato come teste nel processo sul ricatto all'ex presidente della Regione Lazio: "Quel video era non era pubblicabile, era una chiara violazione della privacy. Era mia dovere informare il mio editore, Marina Berlusconi a cui mostrai il video". Il giornalista ha spiegato che parlare della clip girata dai carabinieri infedeli con il suo editore e con Maurizio Costa, ad del gruppo Mondadori, "era una cosa obbligatoria per la delicatezza del caso e per il personaggio coinvolto. Marina - ha proseguito il direttore - mi disse che ne avrebbe parlato con il padre Silvio, allora premier".  L'agenzia fotografica - Signorini aggiunge poi che "dopo qualche giorno, Marina mi chiamò al fine di prendere contatto con l'agenzia Masi e per dirmi che suo padre aveva parlato con Marrazzo e che quest'ultimo avrebbe contattato la stessa agenzia. Anche per Silvio Sircana (l'allora portavoce del premier Romano Prodi immortalato mentre parla con un trans in una strada di Roma), informai i vertici aziendali, anche se in quel caso non era in gioco la violazione della privacy ma quella della sfera sessuale. Di quel video tenni una copia nel mio pc che poi consegnai ai carabinieri del Ros". Le accuse - Al processo, i titolari dell'agenzia fotografica Masi non dovranno rispondere dell'accusa di ricettazione in relazione al video, girato nel 2009. La decisione è della IX sezione penale del tribunale di Roma, dove si sta svolgendo il processo a carico dei quattro carabinieri infedeli, accusati di aver ordito un ricatto a Marrazzo. I titolari dell'agenzia, Domenico Masi e Carmen Pizzutti, si prodigarono per piazzare il video, che fu girato con un telefonino dagli agenti che nel luglio del 2009 fecero irruzione nell'abitazione del trans, in via Gradioli, a Roma. Secondo le toghe, nell'operato di Masi e Pizzutti - i primi a visionare il video - non sarebbero emersi indizi di reità. Alla luce di questa pronuncia, l'avvocato che assiste Antonio Tamburrino, il carabiniere accusato di ricettazione, ha chiesto l'assoluzione del suo assistito, ritenendo che la sua posizione sia analoga a quella dei due titolari dell'agenzia fotografica. Il tribunale si è riservato di decidere su questa istanza.

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