Confesso, non me ne frega quasi niente dei due reporter uccisi ieri in Virginia in diretta televisiva. Non me ne importa quasi un accidente che l'assassino fosse un collega della vittima e che ha mostrato il suo gesto via twitter prima di tentare il suicidio. Scrivo "quasi" perché nel vedere il video ho provato pena per i trucidati, è un riflesso condizionato: ma a parer mio resta un omicidio come tanti di cui non si parla. Questo poi, non mi pare abbia nessuna particolare rilevanza sociale o d'altro genere, fuorché per una cosa: c'è il video, e possiamo cliccarlo per rivederci duecento volte l'ammazzamento. Dunque la notizia, più che una rilevanza, ha un mercato, possiamo dire al lettore: «Guarda». Poi c'è che l'assassino ha postato sui social network i video in soggettiva dell'omicidio, e questo ha reso tutto molto attuale, inoltre l'assassinata era una giornalista. Anche questo spazio ha giustificato lo spazio spropositato che le home page dei quotidiani hanno dedicato all'argomento. Ora fioccheranno i retroscena e i giornaloni scriveranno commenti, magari qualcosa sui social network o sul modello-Isis di uccidere e vantarsene in video, oppure si tireranno in ballo i soliti sfondi razziali (l'assassinio è un nero che ha sparato a due bianchi) o chissà che altro. Cazzate che dureranno un giorno. PS: martedì sera, a Pontecagnano, vicino a Salerno, un 45enne è stato crivellato da dieci proiettili. Però manca il video. di Filippo Facci