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Mondiali, la finalissima tra Argentina e Germania: la consacrazione di Messi?

di Andrea Tempestini domenica 13 luglio 2014

2' di lettura

E venne il giorno, il giorno del Leo(ne). Se alla fine del mondo si attende il messia, dalla finale mondiale tutti si aspettano la consacrazione di Messi. Ha vinto tutto il fenomeno del Barcellona, ma non «La» Coppa con la maglia dell’Argentina. Quello stesso trofeo che invece il suo idolo-incubo Maradona ha regalato 28 anni fa al suo popolo. Il leitmotiv ormai è ritrito «finché non vincerà il Mondiale non sarà mai come Diego». Ebbene stasera il ragazzo di Rosario può eguagliare - o chissà, superare - il Pibe de Oro che ora canta «sono meglio di Pelé», ma rischia di vedersi oscurato dal suo erede. Tra la Pulce e il sogno ci sono le Aquile tedesche, le stesse maglie che tolsero a Diego il bis a Italia ’90. Allora bastò un penalty di Brehme, stavolta solo i prodigi di Messi possono regalare all’Argentina la coppa senza passare dai rigori. Anche se l’ultima volta dal dischetto, nel 2006, vinsero i teutonici. Perché la squadra del ct Sabella è una mosca bianca nella storia del pallone sudamericano: compatta, solida e fin troppo prudente. Ha subito appena tre gol, ne ha segnati solo due nella fase a eliminazione diretta, dove ha giocato due volte su tre i supplementari. Messi ha risolto con i suoi soli mezzi il girone, poi si è perso tra gabbie avversarie e pressioni interne. Gli è mancato soprattutto l’amico Di Maria che tenta un recupero a tempo di record e intanto paga il charter ai suoi amici per Rio: segno che il centrocampista vuol giocare. Recuperato pure Aguero, ma Sabella non romperà il tridente con Higuain e Lavezzi. Stasera, però, si gioca la finale del Mondiale, la partita dei veri campioni. Alla prova del 10, Leo sarà accompagnato da oltre 100mila tifosi in arrivo a Rio. E tutti i loro occhi, bocche e cuori tiferanno per una serata Messi(anica). Perché solo la Pulce può ribaltare una finale dal risultato sulla carta scontato. Nell’undici-contro-undici, non c’è giocatore della Germania che non si faccia preferire al diretto rivale. Il recordman Klose con i suoi 16 centri iridati ha segnato da solo più dei 23 sudamericani. Il compagno Muller con il suo 10 (gol) su 11 (partite) ha una media da Messi, ma quello in versione Liga: in totale i tedeschi hanno siglato 17 reti, quasi tre di media ogni 90’.  Il resto l’ha fatto il ct Löw buttando via il guardiolismo dopo la figuraccia sfiorata con l’Algeria. Pressing, velocità, verticalizzazioni, concretezza: riecco i dettami del vero calcio tedesco. Rimesse le pedine al loro posto e trovato un super Kroos (anche lui in fuga dalle regole del Bayern di Pep verso Madrid), la Luftwaffe 2.0 ha schiantato il Brasile proprio come fece nei quarti sudafricani con l’albiceleste (4-0). L’Argentina trema. E prega il suo Messia. di Francesco Perugini

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