È ormai una tendenza molto diffusa quella che vede gli artisti diversificare le competenze professionali offerte al pubblico dei fan. Scopo? Lo stesso di quando, giocando a Monopoli, si cerca di accaparrare più proprietà possibile: se non frutta una cosa, lo farà un’altra, e se fruttano tutte meglio ancora. Dunque, ecco la modella attrice, il giornalista cartaceo conduttore tv, la cantante creatrice di profumi, le ricette culinarie dell’attore e così via. Ci sono invece casi, a partire da Leonardo Da Vinci, nei quali un talento è così poliedrico che, semplicemente, trova sbocco in più discipline. Sembra essere proprio questo il caso dell’attore Jeff Bridges, arcinoto interprete, tra gli altri, di Drugo nel film Il Grande Lebowski e di Roobster ne Il Grinta, entrambi dei fratelli Coen. Sapevamo che Jeff, classe 1949, fosse anche produttore, musicista e buon cantante (si veda il film Crazy Heart). Ma eravamo ignari, noi europei, che possedesse un assai notevole occhio fotografico. Prova ne sono i sessanta scatti della mostra, per la prima volta su suolo comunitario, Jeff Bridges Photographs: LEBOWSKI and Other BIG Shots, che si inaugura oggi alle 18:30 presso la galleria ONO arte contemporanea di Bologna (Via Santa Margherita, 10), patrocinata dal Comune. Grande passione giovanile di Jeff, poi accantonata, la fotografia rifece capolino nella sua vita quando recitò - era il paleontologo Jack - nel secondo remake del film King Kong (1976) e dovette usare la macchina fotografica in scena perché lo prevedeva la caratterizzazione del suo personaggio. Da allora, prese a calcare i set dei suoi successivi film con una Widelux, una particolare macchina con otturatore ritardato - che consente la doppia esposizione - e che supporta una pellicola allungata, simile alla 70 millimetri cinematografica. Altre caratteristiche sono l’assenza di focus manuale e un obiettivo poco preciso. Il risultato sono scatti grandangolari che permettono di introdurre più particolari in un’immagine, esaltandone la capienza narrativa. Sommando uno strumento così particolare al suo occhio altrettanto peculiare, Jeff ha ottenuto scatti, in bianco e nero, estremamente sofisticati e lirici, che sono una vera rivelazione. Momenti che vanno ben oltre la mera foto ricordo dal backstage di un film, per pervenire piuttosto alla potenza della fotografia pura, nella quale non conta che si immortali un set o un attore entrambi riconoscibili. Tuttavia, da Isabella Rossellini a John Turturro, da Philip Seymour Hoffman a Kevin Spacey, da Robin Williams allo stesso Jeff, ci sono tutti. Altra sorpresa della mostra è che Jeff si rivela un forte amante dell’autoscatto (ma sempre panoramico). Non c’è, infatti, solo quello canonico - e spettacolare - dal set del Grande Lebowski che ritrae il Drugo Jeff con Lo Straniero Sam Elliot. Come molti sanno, l’autoscatto è tecnica fotografica non di certo nata quando lo smartphone è capitato in mano ad ogni individuo della massa che si è messo a scattare selfie. Esisteva ben prima ed era la versione fotografica dell’autoritratto del pittore classico. Insomma, ha ragione da vendere l’autore dell’introduzione del catalogo della mostra - visitabile fino al 15 novembre - quando scrive che Jeff Bridges è «un fotografo di primo livello». di Gemma Gaetani