Governo, il Pd esplode sulla riforma del lavoro di Poletti. Orfini sfida Renzi

di Giulio Bucchidomenica 30 marzo 2014
Governo, il Pd esplode sulla riforma del lavoro di Poletti. Orfini sfida Renzi
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Il "miglior ministro del governo", come lo ha definito Matteo Renzi, rischia di far esplodere il Partito democratico. Ironia della sorte per Giuliano Poletti, ex comunista e potentissimo leader delle Coop diventato titolare del Lavoro. Dire che la sua riforma non piace a mezzo Pd è un eufemismo. La verità è che la minoranza, da Gianni Cuperlo a Matteo Orfini, da Stefano Fassina a Cesare Damiano, è pronta a far saltare il banco nel caso il testo predisposto dall'esecutivo arrivi in Parlamento "blindato". Un braccio di ferro drammatico: o si cambia prima, con un'intesa in largo del Nazareno, o quella riforma verrà affossata già in Commissione Lavoro.  Il ribaltone in Commissione - I numeri sono chiari e l'ha detto anche Orfini: "In Commissione Lavoro il Presidente è un esponente della minoranza, Cesare Damiano, e solo noi giovani turchi siamo quattro (più i voti prevedibilmente contrari di Sel, M5S e Forza Italia). Se Renzi si intestardisse a voler lasciare il testo com'è, beh, vorrà dire che se lo approva con Forza Italia". Non a caso Orfini e i suoi sono già partiti in quarta lanciando una "sfida riformista" al premier. "All'Italia serve un Job Pact - ha scritto sul sito Left Wing -. Non c'è niente di nuovo nel precarizzare la vita di milioni di persone". E anche Fassina si allinea: "La strada del governo è sbagliata. Parlerò con Poletti, la durata dei contratti a termine va ridotta a due anni, e non tre come ora, e con tre proroghe massime anziché otto". La manina della Camusso - Il sospetto dei critici dem è che la riforma sia stata "suggerita" al ministro niente meno che da Confindustria. Di contro, i renziani insinuano che dietro a tanta opposizione ci sia la manina della Cgil e di Susanna Camusso. In ogni caso, fanno sapere i ribelli, il "metodo Italicum" in questo caso non funzionerà. Lo sa anche il capogruppo Pd a Montecitorio Roberto Speranza, che in queste ore si sta dando da fare per evitare l'autogol. Come ricorda Repubblica, il Pd ha spostato la renziana Alessia Rotta proprio in Commissione Lavoro per recuperare un voto e tentare di mediare coi colleghi di partito, insieme a Elisa Rossi nel campo dei cuperliani. Poletti per ora tiene duro: "Non metterò in discussione le scelte strategiche della mia riforma", una posizione già definita da Damiano come "inaccettabile". Una possibilità per sventare il rischio rottura è quello classico del rinvio del provvedimento, tanto che parte della minoranza Pd ha già suggerito di non affrontare la riforma del Lavoro prima che non sia pronta la legge delega per il contratto unico. Da questo orecchio, però, il premier non ci sente. "Andiamo avanti, in fretta". Anche a costo di schiantarsi?