Un po' Savonarola, un po' Di Caprio, un po' Simon & Garfunkel. Da qualche settimana a questa parte Michele Santoro è decisamente stupefacente. Nella copertina di Servizio Pubblico, il Teletribuno s'ispira a The wold of Wall Street, ultimo film di Martin Scorsese, ritratto spietato del broker Jordan Belfort. Nei panni del lupo di Wall Street, cinico e spregiudicato manager dell'alta finanza, c'è il divo Leonardo Di Caprio, la cui "parabola" ha evidentemente esaltato Zio Michele. "C'è un virus penetrato nel cervello di tanta povera gente, che accomuna i camorristi alle ragazze del bunga bunga", inizia la sua intemerata Santoro, citando poi il film di Scorsese: "Di Caprio si muove tra azzardo e truffa, ma è un grande seduttore. Ha scoperto questa voglia segreta dell'animo umano: diventare ricchi". In sottofondo, tra le note di Mrs. Robinson di Simon e Garfunkel, non può mancare una malcelata critica al "berlusconismo", quell'indistinta cappa di viziosità, sesso e avidità che certa sinistra continua a demonizzare, nella speranza di tenere in vita la propria superiorità morale. In altre parole, la propria ragione di vita. E il "vecchio" Santoro, non a caso, si aggancia subito ai cari vecchi tempi, quando il Cavaliere non era ancora sulla scena pubblica. "Diventare ricchi, ma non come volevano i nostri genitori dopo la guerra, con il lavoro, i sacrifici. Qualcuno credeva nella preghiera, altri addirittura con la rivoluzione e le bandiere rosse". Il tramonto dei moralisti - Santoro, con non troppa originalità, spiega che, come insegna il lupo di Wall Street, "chi vuole diventare ricco deve usare il denaro per fare altro denaro". E' la finanza ai tempi della crisi, bellezza. Negozi e aziende chiudono, la ricchezza di pochi aumenta. La banconota conta meno di un'azione, e un'azione ha lo stesso valore di una fiche da gioco. Oggi non contano più "fabbriche o miniere", ma lo "spirito" del denaro. "Così il lupo nella sua orgia di sesso e Ferrari conquista legioni di signore e signori Robinson, che vogliono vivere un pezzetto di vita diversa, da lupo e non da pecora". E le signore Robinson di tutto il mondo "si chiedono se siano i moralisti ad aver sbagliato". La risposta naturalmente Santoro se l'è già data: no, i moralisti hanno ragione. Ma anche quando ce l'hanno veramente, la sensazione spiacevole del contrario fatica a svanire. di Claudio Brigliadori