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Giornalismo, Mario Arpino: "Analista? Un termine abusato. Raccontare è semplice, cercate di spiegare"

di Giulio Bucchi domenica 14 dicembre 2014

3' di lettura

"Raccontare è semplice, lo fanno già le agenzie. Tu cerca sempre di spiegare". E' il consiglio che il generale Mario Arpino, firma di estera e membro del Comitato direttivo dell'Istituto Affari Internazionali, dà ai giovani giornalisti. Una professione non facile quella della stampa e che non si può improvvisare. Tuttavia, con la digitalizzazione dell'informazione, non è difficile imbattersi sul web in articoli firmati da "analisti" veri o presunti tali, spesso neanche giornalisti, ma solo gestori di blog e siti molto "cliccati". "Ce ne sono di tutti i tipi, specializzati in varie materie - spiega Arpino -. I più comuni sono i finanziari, seguiti dai programmatori e, in Italia, dai forensi e da quelli che lavorano per l'industria. Generalmente il "titolo" è un po' abusato, ma si tratta di veri e propri professionisti, per lo più collegati ad interessi commerciali. Possono essere consulenti free-lance o inseriti negli uffici studi di industrie in espansione, magari all'estero. Questi ultimi sono le figure più vicine, immagino, a quelli cui si riferisce la sua domanda: gli analisti dei think-tank indipendenti che si occupano di relazioni internazionali. Tra tutte queste categorie, in comune c'è solo il metodo di lavoro: sono in grado di spacchettare situazioni, eventi, discorsi, comunicazioni e ostacoli, analizzando nel dettaglio ogni singolo elemento per ricomporre poi il tutto in una collocazione più ampia, magari soggetta a interpretazioni diverse da quelle di prima impressione. Il valore aggiunto del loro lavoro sta proprio qui: scoprire il vero senso degli eventi, e portare alla luce la vera causa che li ha provocati". Qual è la formazione che richiede l'analisi della "estera"? "Conoscenza ed esperienza sono sempre alla base di qualsiasi attività umana razionalmente condotta. Molte volte, in questo lavoro, si parla di intuizione, ma è solo un abbaglio, o un fatto casuale. In realtà conoscenza ed esperienza possono solo consentire di saltare dei passi, velocizzare il processo di analisi, individuare con rapidità il nesso tra causa ed effetto. Ma restano comunque, in modo più o meno consapevole, alla base di ogni analisi: sono due categorie dello spirito che vanno sempre assieme. E' ovvio che chi analizza gli eventi di politica estera ed i fatti correlati debba conoscere la Storia, le scienze politiche, le relazioni internazionali ed il corso degli eventi umani. Ma senza un minimo di esperienza, senza aver avuto la fortuna di poter osservare le cose dove nascono, il compito resta assai arduo. Dallo studio della politica estera a quello delle guerre – se ne occupano i polemologi, che ne osservano sia il fenomeno prettamente militare , sia quello socio-politico che lo accompagna – purtroppo il passo è assai breve, ma indispensabile. Doti particolari? Saper leggere nella sfera di cristallo non serve. E' fondamentale, invece, saper immaginare in modo diverso ciò che ai più appare come ovvio". Tre consigli per un giovane giornalista. "Il nostro pubblico è quotidianamente bombardato da notizie e da eventi: i media, in particolare quelli elettronici, ne accentuano la frammentazione. Tutti raccontano cosa è successo, ma quasi mai fanno capire perché sia successo. Tre consigli? Primo: alza gli occhi dal piatto e impara a risalire dal particolare al generale, e viceversa. Secondo: al mattino, quando ti svegli, non limitarti ad aprire una finestra. Aprine due: una sull'animo umano ed una sul mondo. Terzo: raccontare è semplice, lo fanno già le agenzie. Tu cerca sempre di spiegare". di Marco Petrelli @marco_petrelli

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