Inutile girarci intorno: Forza Italia rischia di sparire. E se proprio non sparisce, si avvia sul viale del tramonto. Non ci riferiamo ai sondaggi di ieri, che pure sono brutti e danno il partito che una volta era maggioranza nel Paese addirittura sotto il 17 per cento, cioè circa quindici punti in meno del Pd e quasi a cinque o sei dal Movimento Cinque Stelle. Mettiamo pure che i dati diffusi durante la puntata di Agorà, trasmissione che va in onda sulla rossa Telekabul, siano farlocchi. Tuttavia, anche prendendo per false le cifre diffuse, cambia poco, perché pure i sondaggisti più cari all’ex Cavaliere danno Forza Italia intorno al venti per cento, cioè alle spalle del gruppo creato da Grillo. Insomma, qui se non si fa qualcosa da primo partito che era Forza Italia lo si ritrova terzo. Intendiamoci. Berlusconi è Berlusconi e in galera o in ospedale qualche milione di voti lo porta a casa anche se non apre bocca. Ma i quattro, cinque o sei milioni di crocette che da solo si tira dietro, non bastano a garantire alcuna vittoria. Con lui agli arresti domiciliari (o ai servizi sociali) i cinque o sei milioni di consensi non sono sufficienti neppure ad assicurare che anche domani, cioè dopo le Europee, Forza Italia rimanga centrale nel processo delle riforme. Tutto è appeso a un filo, il futuro del suo leader. Ogni cosa è ferma e immobile in attesa di capire che cosa gli succederà e quale sarà il suo destino nel prossimo anno. Tuttavia se il partito è in attesa, gli elettori non aspettano, perché una parte sfiduciata si rifugia nell’astensione o nel non voto, un’altra invece insegue il canto di una sirena di nome Renzi. Il segretario del Pd, ora presidente del Consiglio, indubbiamente esercita un fascino nei confronti di chi votava centrodestra. Ad alcuni ricorda Berlusconi, un po’ più giovane e un po’ più guascone. E poi, diciamocelo, la sua promessa di dare un po’ di soldi in busta paga come il Cavaliere diede un po’ di soldi ai pensionati e il proposito di rottamare tutti i vecchi arnesi per modernizzare il Paese, è il programma rivisto e corretto che il leader di Forza Italia presentò nel 1994. Non solo: anche se i conti non tornano, gli slogan contano. E gli slogan (via le Province, chiudiamo il Senato), acchiappano. Ci vorrà del tempo prima di capire che quelle del premier sono solo parole e non fatti. Ma nel frattempo Renzi da Palazzo Chigi non sarà in grado di sfrattarlo nessuno. E il centrodestra, quello vero, non la brutta copia che ne ha fatto il presidente del Consiglio, che fa? Da quel che ci è dato sapere il Cavaliere non molla e dopo Forza Dudù pensa a Forza Lulù, cioè alla versione felina del barboncino bianco. Tra le idee che coltiva ha gli aiuti alle persone anziane, l’assistenza, le dentiere e tanti altri bei progetti. Tuttavia gran parte di questi propositi rischiano di restare lettera morta se Berlusconi non sarà in grado di rappresentare agli italiani le sue intenzioni. Senza di lui, in campagna elettorale c’è il pericolo che i bei progetti restino tali. Perché pur disponendo del Maradona della politica, la squalifica gli impedisce di giocare e lo costringe sulla panchina. Non è tutto. Quelli che un tempo erano i portatori di voti del centrodestra, per una ragione o per l’altra sono anch’essi fuori gioco. Di Nicola Cosentino si sa: si preparava a tornare in campo per lanciare Forza Campania ma è finito agli arresti. Claudio Scajola vorrebbe candidarsi e portare la sua dote di consensi liguri, ma nonostante l’assoluzione in primo grado ha addosso l’immagine di colui che si è fatto regalare una casa a sua insaputa. Il futuro di Denis Verdini è pure appeso a un filo, sotto pressione com’è di diverse procure. Restano Raffaele Fitto, Giovanni Toti e qualche altro, ma a complicare le cose c’è una guerra interna fra vecchia e nuova guardia. Insomma, quello che un tempo era il glorioso partito dei moderati, il carro armato (quello vero, mica il tanko degli indipendentisti veneti) che sconfisse la gioiosa macchina da guerra della sinistra, oggi sembra un macinino che rischia di fermarsi, anzi di finire nel burrone, alla prima curva. Certo, sappiamo che Berlusconi è l’uomo delle sorprese e ogni volta che è stato dato per spacciato poi alla fine è risorto dalle ceneri, recuperando una decina di punti e anche più. Tuttavia ora più che un coupe de théâtre serve un miracolo. Ce la farà Silvio a rifondare Forza Italia pur non potendola guidare? Come si vede, il tema posto l’altro ieri al Quirinale non era affatto un espediente per non affrontare i “rigori” della legge. Qui si discute del futuro di una forza politica tra le più importanti del Paese. E un Presidente di una Repubblica che si dice democratica non può fare il Ponzio Pelato. di Maurizio Belpietro maurizio.belpietro@liberoquotidiano.it Twitter: @BelpietroTweet